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“L’indifferenza è complicità”. Carta di Roma scrive ad Articolo21

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Carissimi colleghi e amici, mi dispiace molto di non poter essere là con voi. Provo a trasferirvi in queste poche righe alcune considerazioni che ritengo importanti. Considerazioni che formulo a partire da un punto di vista limitato ma preciso, quello di un’associazione – l’associazione Carta di Roma – che è nata col compito di vigilare sul rispetto delle norme deontologiche alle quali i giornalisti italiani devono attenersi quando si occupano di immigrati, rifugiati, richiedenti asilo e vittime della tratta. Un compito che ci colloca oggettivamente, strutturalmente, nella prima linea della battaglia contro i muri dell’ignoranza, delle notizie false, della diffusione dell’odio.

I media, infatti, possono essere – a seconda delle scelte che fanno –  un formidabile argine o un potente moltiplicatore delle fake news. Possono smontare i pregiudizi o alimentarli. Possono demolire i muri dell’ignoranza o consolidarli. Di sicuro non possono collocarsi in una posizione di  neutralità.  Perché i pregiudizi sono il terreno nel quale le notizie false attecchiscono. Non è possibile ignorarne l’esistenza. Non smentirli significa assecondarli. L’indifferenza è complicità.

Svolgiamo dal 2011 un monitoraggio costante di quanto i media italiani producono in materia di immigrazione. Negli ultimi due anni abbiamo constatato che il numero degli articoli e dei servizi televisivi dedicati a questo tema è cresciuto in modo esponenziale. E che, ciò nonostante, le violazioni delle regole deontologiche non sono cresciute in proporzione. Abbiamo in definitiva constatato che i giornalisti italiani sono più attenti e più preparati. Riteniamo che il merito non sia solo dell’attività di formazione che, grazie alla crescente sensibilità degli ordini regionali, svolgiamo in modo sempre più capillare, ma anche di un fenomeno strutturale: il tema dell’immigrazione è uscito dall’ambito emergenziale nel quale è stato relegato per anni ed è entrato in modo pervasivo in tutti i settori della vita sociale ed economica. Tutti i colleghi in un modo o nell’altro lo incontrano. Tutti lo conoscono meglio.

Tuttavia è stato proprio in questi due anni che abbiamo assistito alle violazioni più gravi delle regole deontologiche. Titoli di puro incitamento all’odio, il celebre “Bastardi islamici” dopo gli attentati di Parigi è l’esempio più clamoroso, ma non il solo. O addirittura titoli e articoli fondati su notizie false sul piano scientifico. Mi riferisco a quelli che affermavano una relazione tra la diffusione di malattie come ebola e la malaria e la presenza degli immigrati. Violazioni deliberate delle regole deontologiche frequentemente seguite alla loro irrisione. E al tentativo di presentarle nientemeno che come ostacoli alla libera manifestazione del pensiero!

Siamo in una fase molto delicata per il futuro della categoria. Attraverso la prossima riforma dell’Ordine i giornalisti italiani stanno sostanzialmente decidendo chi sono e chi vogliono essere, cercando di superare, dopo una battaglia durata anni gli schieramenti della conservazione e dei vecchi privilegi. Bene, noi riteniamo che il rispetto della deontologia sia uno dei luoghi attraverso i quali una categoria professionale definisce non solo se stessa ma anche le sue ragioni di esistere.  La Carta di Roma è un codice deontologico e non una lista di suggerimenti perché le sue violazioni possono essere sanzionate. E la sanzione per quanti non solo violano sistematicamente la deontologia, ma la irridono è – in qualunque categoria professionale – una sola. Si chiama radiazione. Bisogna avere il coraggio di affrontare il problema alla radice senza nascondere, come troppo spesso è successo negli ultimi anni, la testa sotto la sabbia. La libertà di espressione non ha nulla a che fare con la diffusione di notizie false. Né con l’insulto sistematico di soggetti e di categorie che non hanno adeguati strumenti per difendersi. La pazienza, la prudenza, la cautela (e forse il timore di essere additati, anche senza alcun fondamento, come censori) hanno fatto ritenere ormai sdoganate le violazioni più becere del codice deontologico. Bisogna avere il coraggio di allontanare dall’ordine dei giornalisti chi rifiuta in maniera sistematica le regole che i giornalisti si sono dati. A meno di non rassegnarsi all’idea che l’ordine dei giornalisti sia destinato a trasformarsi in un circolo più o meno ricreativo di persone che possono stravolgere impunemente la verità sostanziale dei fatti.


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