È opinione diffusa che a spianare la strada al Movimento 5 stelle sia stata la crisi dei partiti tradizionali. Proponendosi come alternativa al sistema, il M5s ha alimentato le speranze di cambiamento di molti elettori. Ma le vecchie forze politiche non hanno saputo né voluto cogliere l’opportunità di rimettersi in discussione. Infastidite dai toni e dai modi di quelli che vedevano come degli impertinenti e petulanti “savonaroliani”, hanno preferito chiudersi in difesa, negando a priori ogni fondamento alle loro critiche. Anzi, di fronte ai molti errori e alle difficoltà del M5s si sono ringalluzziti e hanno deciso di passare al contrattacco: non solo hanno ritenuto di non avere nulla da rimproverarsi, ma hanno stabilito che a dover essere messi sul banco degli imputati fossero proprio i presunti moralizzatori, gli “antipolitici”, i “populisti”.
Sicuramente i dilettanti allo sbaraglio hanno commesso molti errori politici e di comunicazione. Hanno dato l’impressione di sbandare continuamente, specie negli ultimi mesi, arrivando a inseguire le destre più becere su alcuni temi redditizi in termini elettorali: quelli che parlano alla pancia e non alla testa dei cittadini. Ma scoprire che il “termometro-M5s” non è in grado di farci passare la febbre non può portarci a negare che quella febbre ci fosse. Qualcuno potrebbe spingersi a pensare che il rimedio si sia rivelato peggiore del male, ma può bastare questo ad auspicare un ritorno al “male precedente”, magari anche compiacendosi di questo fallimento? Anche se – per ipotesi – si scoprisse che i 5 stelle sono la forza politica più marcia e corrotta del paese, questo basterebbe a cancellare come per incanto le ruberie, le spartizioni e l’inquinamento del gioco democratico di questi decenni? Si può eludere la questione morale solo perché magari viene posta in modo poco elegante? Davvero alla coscienza del popolo di sinistra può bastare la risposta beffarda «sì, sì, bravi: honestà!» verso chi – riuscendoci o meno – ha provato a farsi portatore di una rabbia diffusa nel paese? Non si riesce più a vedere la luna solo perché viene indicata da un dito che non piace?
Da parte sua, il Movimento 5 stelle aveva sempre auspicato il superamento degli schemi ideologici in nome di un sano pragmatismo: se una legge è utile si vota, altrimenti no, indipendentemente da chi l’ha presentata. Di fatto, però, nel corso della legislatura si è spesso lasciato prendere la mano dalla polemica politica: il nemico numero uno è il Partito democratico e quindi bisogna attaccarlo anche quando propone qualcosa di positivo. Tra l’altro, lascia perplessi vedere che all’accanimento verso il Pd non ha corrisposto una altrettanto severa inflessibilità verso le destre. Anzi: a molti non sono sfuggite le recenti strizzate d’occhio all’elettorato di destra: una strategia che tra l’altro, come è noto, non solo è inutile ma finisce sempre per premiare “l’originale”. Lo stesso avvertimento, del resto, andrebbe rivolto al Pd: inseguire le destre nei proclami securitari non solo fa perdere voti a sinistra, ma fa vincere le destre.
Fino a poche settimane fa la cronaca politica era quasi monopolizzata dagli scontri quotidiani tra Pd e M5s. Le destre sembravano ormai fuori gioco, ma in realtà stavano beneficiando in silenzio del noto principio secondo cui tra i due litiganti il terzo gode. E infatti ora tutti i sondaggi danno in vantaggio un’ipotetica lista unitaria delle destre. Il Pd, che dei due litiganti – non foss’altro che per anzianità ed esperienza – doveva essere quello più “responsabile”, si è lasciato prendere dalla foga dello scontro e ha condiviso con i 5 stelle la responsabilità di far precipitare la polemica politica a livelli da trivio, specie sui social network.
Sarà ingenuo pensarlo, ma i partiti avrebbero potuto fare tesoro delle critiche provenienti dai 5 stelle e questi ultimi, a loro volta, avrebbero potuto imparare a controllare meglio la propria rabbia, non mettendo tutto e tutti in uno stesso calderone, imparando a distinguere il bambino dall’acqua sporca (o un Civati da un Previti, per fare un esempio). Questo duello tra “capaci” e “onesti” poteva diventare una competizione virtuosa, ma ai primi è mancata la capacità di una seria autocritica, ai secondi l’onestà di riconoscere che anche le competenze sono importanti e il mondo non è tutto “o bianco o nero”.
Comunque si vogliano distribuire le responsabilità, il risultato è che quando fra poco andremo alle urne toccheremo probabilmente un nuovo record negativo di partecipazione. Ma anche gli elettori che nonostante tutto andranno a votare non lo faranno tanto per entusiasmo verso la lista scelta, quanto per paura che vincano gli avversari. Il tasso di convinzione dell’elettore italiano è ormai decisamente ai minimi storici.