Londra, metropolitana District Line, espolde un pacco bomba rudimentale lasciato alla fermata di Parsons Green, nella zona residenziale di Fulham. Ventinove feriti, per fortuna nessuno grave.
Iraq, area di Nassiriya, capitale della provincia irachena di Dhiqarabitata in prevalenza da sciiti, un commando di uomini armati dello Stato Islamico apre il fuoco contro un ristorante affollato di pellegrini per poi salire su un’auto piena di esplosivo e farsi esplodere a un posto di controllo della polizia irachena. 0ttantaquattro morti e novanta feriti. La matrice degli attentati è la stessa.
Per la prima notizia apertura dei tg e approfondimento. Per le vittime irachene neanche un take di agenzia letto tra un servizio e l’altro.
Non si tratta di buonismo ma di umana compassione e conseguente indignazione.
Sarebbe auspicabile, ogni volta che il terrorismo islamico colpisce indistintamente musulmani e cristiani, ad ogni latitudine e longitudine, che la commozione e l’orrore fossero gli stessi.
Il bilancio delle vittime degli attentati in realtà lontane dall’Europa, che si tratti di Medio Oriente, Asia o Africa sono sempre significativamente importanti e falciano spesso vite giovanissime. Anche bambini.
Eppure la portata della reazione mediatica e della mobilitazione collettiva è a dir poco imbarazzante.
E questo porta a un’amara considerazione. Assistiamo a un parallelo ignobile: da un lato le vittime ‘occidentali’, quelle di serie A, dall’altro quelle mediorientali, asiatiche e africane, di serie B.
Se è comprensibile l’empatia spontanea per i morti in Gran Bretagna, Francia, Spagna e Belgio, paesi vicini di cui possiamo percepire e condividere la paura nel rendersi conto di non essere più al sicuro, è inaccettabile che non sia altrettanto naturale piangere e ricordare tutti gli altri caduti per mano del terrorismo.
L’attenzione dedicata a quest’ultimi, a causa della lontananza dei luoghi in cui si è consumato il loro dramma o per le appartenenze religiose, è debole, sbiadita. Sia da parte dell’opinione pubblica che dai media.
Ma la vita di un musulmano innocente non è meno preziosa di quella di un cattolico in Europa o di un cristiano negli Stati Uniti.
Crimini orrendi si stanno susseguendo nel nostro continente sempre a frequenza maggiore ma si stanno verificando a un ritmo ancora più allarmante in Medio Oriente e in Africa, eppure non si ‘illuminano’ edifici né cambiano i profili sui social a sostegno delle vittime e delle loro famiglie di queste realtà che forse alcuni ritengono responsabili quanto i terroristi che ci colpiscono. Ed è su questo che bisognerebbe riflettere e ammettere ipocrisie e indifferenza di una parte di mondo che alimentano ulteriore odio e terrore.