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Immigrati. Quel gran bel sogno dell’accoglienza

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Italia, terra di sbarchi e di salvataggi in mare. Di gente che la sogna e gente che l’abbandona. Di volontari che accolgono a braccia aperte con spirito puro di vera solidarietà e di dita puntate contro lo straniero alle porte dei supermercati, della propria inviolabile vita, chiusi nei diritti a viaggiare liberi,  convinti di essere i soli ad avere davanti l’orizzonte.

E gli altri? Quelli che arrivano vivi sulle nostre spiagge( perché di quelli che ci arrivano morti se ne parla giusto il tempo di una corona di fiori gettata tra le onde) ? Quelli che ci chiedono lavoro e ricevono indegne condizioni di vita , mascherate da sistemazioni in hotel o centri di prima accoglienza, che poi diventano bivacchi a dire degli italiani…? Gli altri? Chi sono? Gente nera o marrone che si permette di avere il cellulare e vestirsi bene invece si essere coperta di stracci come dovrebbe essere chi ci chiede aiuto…come si fa ad accoglierla?

A noi italiani? Chi ci pensa? A noi che di lavoro non ne abbiamo e di case non ne abbiamo e prima noi e poi gli altri? E i social diventati vetrine per nuovi mostri? Foto di anziani abbandonati e che cercano tra i rifiuti qualcosa da mangiare affiancate a foto di immigrati che mangiano in hotel. Il festival dell’odio, un walzer di folle razzismo misto a tanta ipocrisia.

Taranto è una città che ha accolto e lo fa ancora. L’Italia è un paese che accoglie e lo farà ancora. Per legge, per senso di responsabilità, per l’orgoglio di essere esseri umani. I bambini che giungono qui non sanno spesso nemmeno quanto mare ci sia  tra questa terra e la loro patria. Sbarcati, lavati, nutriti, guardati…”viaggiati”dentro l’anima, viaggiatori che non hanno potuto decidere del proprio futuro. E i loro genitori?Fratelli? Anime che sono il mondo.

Quello che per Sayad e’ la doppia assenza riassume la questione  difficile dell’immigrazione  delineando uno scenario dalle mille sfumature, ma  conflittuale tra le società ricche e quelle povere, tra cho parte e chi resta, tra chi arriva e chi accoglie. Il  migrante è sempre fuori posto, fuori luogo, lontano da casa   distante dal paese in cui arriva, protagonista di una presenza che diventa assenza due volte. Assente  da quello che era e resta il suo paese di origine, assente nel paese in cui si trova catapultato per scelta propria o di chi quel viaggio lo ha deciso per lui.

I migranti sono esseri umani che vivono una condizione di scelte sull’onda della speranza. Hanno il dovere di provare a cambiare la propria vita. Ne hanno il diritto. Ne pagano il prezzo. In questa Italia in cui nessuno è immune dall’aver bisogno dell’altro chi scrive si scrive a fatica di un ragazzo e del suo sogno di giocare a calcio in un paese libero, con un pallone vero. Non ricordo il nome di questo piccolo campione. Ricordo solo i suoi occhi e la gioia di giocare allo “Iacovone” di Taranto. E la sua semplice storia di un cuore spaccato in due.

” Mia mamma é rimasta li. Voglio tornare un giorno e portare un pallone vero, non fatto di stracci, ai miei fratelli e ai figli che avranno. Adesso però devo giocare. Fammi allenare”. Una maglietta con il nostro paese sulle spalle. Una partita di calcio a cui ogni stupido razzista dovrebbe assistere per cogliere il senso pieno della libertà, cogliendo l’occasione di dar senso alla propria imbecille esistenza.

Foto di Vincenzo Aiello


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