Davvero abbiamo sfiorato una “emergenza democratica” come ha detto Marco Minniti? Affermazione grave ed impegnativa, specie se viene dal Ministro degli Interni, persona di poche parole e molti fatti. Dissente da questa affermazione il suo collega di partito e di governo, il Guardiasigilli Orlano, che lo richiama e afferma “Non cediamo alla narrazione dell’emergenza”, ma subito dopo ammette che sul fenomeno immigrazione “Minniti sta facendo bene”.
“Ma scherziamo”, dice Massimo Cacciari, filosofo, da decenni punto di riferimento di una sinistra critica e laica, poco dopo però afferma “Siamo un Paese con il 35 per cento di giovani disoccupati, con milioni di individui in miseria, con il Meridione in mano alla criminalità organizzata”. E questa non è “emergenza democratica”? In realtà Minniti, calabrese, da poco over 60, comunista cresciuto dentro il partito di Enrico Berlinguer, ministro da meno di un anno, che non si concede alla vanità dei talk show, qualche giorno fa ha detto a una Festa dell’Unità, che, quando “sono arrivati 12 mila 500 migranti in sole 36 ore su 25 navi diverse”, e dopo le proteste dei sindaci, ha temuto davvero che “ci fosse un rischio per la tenuta democratica del Paese”. Molti italiani hanno condiviso la sua preoccupazione, e poi –dopo una iniziale diffidenza- hanno accolto con meravigliata soddisfazione i suoi interventi –molto criticati da una parte della sinistra- per bloccare sbarchi e partenze che sembravano inarrestabili, per regolamentare gli interventi delle navi Ong, sicuramente “umanitari”, ma qualche volta troppo ravvicinati ai trafficanti.
Poi ha avviato un intenso lavoro di coinvolgimento dei “sindaci” (capitribù) delle varie comunità libiche, ha intensificato la collaborazione con quel che rimane della marina libica, si è spinto fin dentro nel cuore dell’Africa per cercare di frenare all’origine il fiume di migranti. Naturalmente il problema non è stato risolto perché rimane il dramma dei campi profughi, che sicuramente non potrà essere risolto dall’azione solitaria dell’Italia, ma solo con un progetto di lungo periodo di tutta la comunità internazionale, per il momento solo prodiga di complimenti nei confronti del ministro italiano. Mentre gli sbarchi diventavano un rivolo quasi impercettibile, è scoppiato il caso dello sgombero, a tratti brutale, di Piazza Indipendenza a Roma e di uno stabile occupato da anni. Dopo aver visto quelle immagini il ministro degli Interni ha detto che non ci saranno più sgomberi del genere e soprattutto che prima bisogna trovare un’alternativa. Dopo poche ore ha presentato una soluzione concreta: adibire i beni sequestrati alla mafia o vecchie caserme ormai inutilizzate, per dare un tetto sia agli italiani sia ai migranti, anche per evitare il racket che governava con mano ferrea quelle che sembravano occupazioni spontanee. E Minniti non ha avuto tentennamenti quando si è trattato di dare una mano alla sindaca Raggi, fin lì quasi attonita.
Come se non bastasse, dopo il terremoto di Ischia, abbiamo (ri)scoperto il tema devastante ed eterno dell’abusivismo edilizio in Italia. E ancora, dopo gli orribili stupri estivi sulle spiagge notturne e qualche assalto a centri di accoglienza di migranti, che sono buoni e cattivi, come tutti noi, ma rischiano di essere “sbandati” ed esposti al richiamo della criminalità e allo spaccio di droga, riemerge con forza il razzismo e il fascismo, sempre più tracotante e violento, con una base sempre più diffusa tra i penultimi, che si vedono minacciati dagli ultimi. Non è, questa, “emergenza democratica”? Ma tra qualche mese sarà tutto risolto. Minniti e il saggio, prudente ed efficiente governo Gentiloni, che sta raccogliendo importanti risultati anche a livello economico, se ne andranno a casa, le elezioni con due leggi “impossibili” provocheranno uno stallo istituzionale e Berlusconi (ri)diventerà il dominus della politica italiana e forse assegnerà a Salvini il dicastero chiave del Viminale. E così saremo tutti un po’ più impauriti e contenti.
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