“Complottizzare” un’indagine è un vecchio trucco per invertire le parti. L’indagato si proclama vittima (innocente) del complotto; così gli inquirenti accusati di ostilità di parte, diventano persecutori (colpevoli). B è stato uno dei più grandi utilizzatori di questa tecnica, perché sapeva che in Italia la vergogna si ripulisce col vittimismo. Renzi lo sta emulando nel caso Consip, che ha lambito persone a lui vicine. Si tratta di un illecito grosso come una casa, sia per la soffiata sulle microspie messe dagli inquirenti nell’ufficio dell’amministratore delegato; sia perché così è saltata l’indagine per contrastare il tentativo di corruzione in un appalto record, pari a ben 2,7 miliardi di euro.
Un affare dove sono coinvolti babbi, compari, generali e persino un ministro. Mancano solo nani e ballerine dell’era Craxi, ma c’è quanto basta per far scoppiare una Tangentopoli 2. Invece tutto rimane in bilico fino a quando il pretesto per complottizzare la faccenda viene offerto su un vassoio d’argento da un carabiniere, che compie un grave errore di trascrizione. Errore casuale o voluto? S’indaga, ma intanto il complotto è servito. L’inversione dei ruoli, pure.
Ora per l’opinione pubblica il cattivo è il magistrato inquirente Woodcock. E la storia del maxi-appalto di giorno in giorno sfuma da clamoroso scandalo di corruzione politica, a dettaglio secondario del complotto. E’ la percezione, bellezza.
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