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Cernobbio, Grillo tace su Di Maio

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Il M5S si interroga e si divide sulla svolta di Cernobbio. Davide Casaleggio approva e Beppe Grillo tace. Alla vigilia delle primarie online per scegliere il candidato premier per le elezioni politiche, le discussioni ufficiali e ufficiose sono accese. Cernobbio sì, Cernobbio no, Cernobbio non pervenuto. La svolta governativa di Luigi Di Maio a Cernobbio è piaciuta soprattutto a Casaleggio junior. C’è grande sintonia tra i due. Casaleggio,  in una intervista al ‘Corriere della Sera’, ha promosso a pieni voti la sortita del giovane vice presidente della Camera nel pensatoio lacustre dei grandi imprenditori italiani ed europei con l’obiettivo di Palazzo Chigi: il M5S  “oggi è la prima forza politica italiana e ha tutte le carte in regola per andare al governo del Paese”.

Basta, dunque, con la linea dell’opposizione ad oltranza e totale. Il giovane imprenditore specialista di internet, il secondo uomo forte dei cinquestelle dopo Grillo, non vede dissensi interni sull’abbandono della tradizionale impostazione dell’opposizione populista e anti-sistema: “Ho letto molte ricostruzioni fatte sui giornali, basate sul nulla”. Il presidente della Casaleggio Associati approva anche il dialogo con i banchieri e i grandi imprenditori italiani e stranieri incontrati al seminario di Cernobbio da Di Maio;  un tempo visti invece come i grandi nemici, gli oligarchi capitalisti sfruttatori di lavoratori e proletari. Dà una spiegazione interclassista: “Le persone oneste e di buona volontà che vogliono cambiare il Paese si trovano in tutti gli strati sociali e in tutte le categorie”.

E’ un chiaro segnale: il figlio di Gianroberto, cofondatore del M5S con Grillo, appoggerà Di Maio nelle elezioni primarie online (il risultato sarà annunciato nella manifestazione del 22-24 settembre a Rimini). Probabilmente Di Maio sarà incoronato candidato dei cinquestelle a presidente del Consiglio. Per ora in pista c’è solo lui. Roberto Fico e Nicola Morra, esponenti dell’ala ortodossa contraria alla svolta di Cernobbio: finora non hanno deciso di gareggiare e non è detto che lo facciano per i rapporti di forza sfavorevoli. Alessandro Di Battista, invece, non ha escluso di candidarsi, ma è un amico di Di Maio e vicino alla sua linea dialogante con i grandi imprenditori,  sull’Unione europea e sull’euro. Si profila il possibile rischio di una corsa in solitaria per l’uomo della svolta di Cernobbio.

Il vice presidente della Camera ha capovolto la tradizionale linea populista e anti-sistema di Grillo, inaugurata trionfalmente giusto dieci anni fa con il primo Vaffa…Day a Bologna. Di Maio a Cernobbio ha assicurato: “Non vogliamo un’Italia populista, estremista e  anti-europeista. Il nostro obiettivo è creare e non distruggere”. L’obiettivo è uguale a quello di Davide Casaleggio: “Vogliamo governare questo Paese”.

Grillo, al contrario di Casaleggio, è sibillino. Il garante del M5S, ricordando sul suo blog la protesta del 2007 a Bologna, dieci anni di difficoltà e di successi travolgenti, di fatto ha dato il disco verde alla svolta governativa: “Siamo ancora qua, più forti di prima e forse a un passo da un altro traguardo storico”. Tuttavia il comico genovese non ha mai pronunciato la parola Cernobbio, il simbolo dei detestati “poteri forti” italiani ed europei, né ha rinnegato le sue accuse ai grandi gruppi industriali e finanziari. Non ha rettificato i suoi attacchi alla Ue, né la richiesta di un referendum per far uscire l’Italia dall’euro, né ha messo in soffitta le sue fiere rivendicazioni di essere “un populista”.

Una dimenticanza? Forse. Ma sarebbe una dimenticanza che il capo carismatico dei cinquestelle potrebbe recuperare velocemente mentre si avvicinano due appuntamenti importanti: il 5 novembre ci saranno le elezioni regionali siciliane e in primavera è previsto il voto per le politiche. Se la scelta moderata, quella di non mettere paura all’elettorato dovesse fallire, allora riprenderebbe vigore la linea di sfondamento a colpi di “Vaffa…”, quella degli sberleffi e delle invettive di “tutti a casa! Arrendetevi!”. In più c’è l’incognita delle tante città amministrate dal M5S. Molti sindaci grillini, anche in città importanti come Roma e Torino, non stanno mietendo grandi successi e i consensi calano.

Ma situazione si è complicata anche in Sicilia. Una ordinanza del tribunale di Palermo ha sospeso le “Regionarie” del M5S, dopo le contestazioni di Mauro Giulini, l’ex attivista escluso dal voto online sulle candidature siciliane dei pentastellati. Il vertice del M5S si è detto sicuro di partecipare “al voto come previsto” seguendo le decisioni dei magistrati. Certo è politicamente insostenibile escludere dalle elezioni regionali siciliane una forza importante come i cinquestelle, tuttavia quando si intromettono le carte bollate ogni sorpresa è possibile. Nelle elezioni comunali di Genova dello scorso giugno  scoppiò un caso analogo e alla fine fu eletto sindaco un uomo del centro-destra.


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