Tra poche ore il governo riferirà davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore rapito, torturato e ucciso al Cairo nel 2016. Il primo punto su cui si attendono risposte sara’ la decisione annunciata alla vigilia di Ferragosto del ritorno dell’Ambasciatore Italiano in Egitto, una decisione che pone fine a una crisi diplomatica apertasi nell’aprile dello scorso anno quando, a fronte della non collaborazione degli inquirenti egiziani sul caso del giovane di Fiumicello, il nostro governo decise di far rientrare l’allora ambasciatore Maurizio Massari. Di fatto il governo ha gia’ motivato questa decisione, basta riprendere il comunicato della Farnesina del 14 agosto: in esso si legge che le nuove carte inviate dagli inquirenti egiziane ai loro colleghi italiani della Procura di Roma hanno rappresentato un passo costruttivo di collaborazione e che includono gli interrogatori di membri delle forze di sicurezza coinvolti nelle fasi successive il ritrovamento del corpo del giovane ricercatore italiano.
Carte che in queste settimane saranno state tradotte in quanto il testo consegnato era rigorosamente in arabo!
I genitori di Giulio Regeni avevano espresso proprio ai microfoni della Rai la loro delusione. Per mesi hanno considerato l’assenza del nostro più alto rappresentante diplomatico in Egitto come l’unica vera forma di pressione per chiedere verità e giustizia. Nonostante la stanchezza, ci avevano annunciato la loro intenzione di andare in Egitto proprio per poter consultare le prime carte dell’inchiesta che dal Cairo non sono mai partite per l’Italia e avevano chiesto una scorta mediatica in questa loro missione.
Una scorta che deve essere presente anche in Parlamento. Non bastano poche righe di taglio basso sui quotidiani o brevi notizie lette durante i notiziari alla radio e alla tv.
Il nostro impegno informativo nel chiedere la verità sul caso di Giulio deve continuare. Ora spetterà ai parlamentari porre le domande. Tutti ci aspettiamo dal Governo delle risposte che vadano oltre quel comunicato della Farnesina della vigilia di Ferragosto.
Tutti conosciamo gli interessi del nostro paese nel ristabilire rapporti diretti con l’Egitto del presidente Al Sisi, soprattutto per il caos libico, ma anche per chiare questioni di natura economica. La fine orrenda di Giulio Regeni, sparito la sera del 25 gennaio del 2016 e morto dopo giorni di torture perpetrate da uomini dei servizi di sicurezza egiziani, vuole che la nostra attenzione resti sempre alta. Anche per tutti quegli egiziani che, come sempre ricordano i coniugi Regeni, sono spariti e morti sotto tortura come Giulio.