Non ci si aspettava molto dall’informativa del governo alle commissioni Esteri riunite, oggi pomeriggio, per ascoltare dal ministro degli Esteri Alfano le ragioni che avevano portato, il 14 agosto, a rendere nota la decisione di rimandare l’ambasciatore italiano al Cairo (la data è stata fissata al 14 settembre). Ma se la comunicazione del ministro è stata l’atteso mix di frasi affettuose verso Giulio Regeni (chiamato spesso per nome, manco fosse un parente stretto) e di affermazioni sulla necessità di avere rapporti normali con l’Egitto (citati, in fila, terrorismo, flussi migratori e crisi regionali), il dibattito che ne è seguito – salvo alcune, lodevoli eccezioni – è stato avvilente e insinuante: Paolo Virzì è un regista in declino, il New York Times un quotidiano al servizio dell’intelligence Usa, l’università di Cambridge il Leviatano che tutto manovra e che tutto nasconde. Per non parlare delle indegne espressioni rivolte a Giulio Regeni.
Torniamo all’informativa del ministro Alfano. Va sottolineato come la sua ricostruzione dei motivi per cui nell’aprile 2016 il precedente governo decise di richiamare temporaneamente l’ambasciatore sia stata inesatta.
In sintesi, il ministro degli Esteri ha detto che il ritiro dell’ambasciatore era volto a favorire l’aumento della cooperazione giudiziaria tra le due procure. E quindi, grazie a qualche incontro in più e a qualche carta scritta in arabo giunta dalla procura del Cairo, la collaborazione è in effetti aumentata. Obiettivo raggiunto, l’ambasciatore si può rimandare.
Ricordate il tweet delle 18.30 dell’8 aprile 2016 postato dall’allora ministro degli Esteri Gentiloni? “Ho richiamato a Roma (…) il nostro ambasciatore in Egitto. Vogliamo una sola cosa: la verità su Giulio #Regeni”. Cosa ben diversa dall’aumento della cooperazione giudiziaria, che per di più sul piano sostanziale è tutta da verificare. Dunque, l’ambasciatore torna. Tutto torna normale. La verità si allontana. Al massimo, come ha annunciato il ministro Alfano, s’intitoleranno a Giulio Regeni sedi e istituti italiani, proprio nel paese dove è stato torturato e assassinato (non la Gran Bretagna, a questo punto è necessario specificarlo…)
La memoria al posto della verità? Li inaugueranno insieme al presidente al-Sisi questi luoghi?
P.S. Con la schiettezza che gli è propria, dopo aver spiegato che fare ricerche sugli ambulanti al Cairo non è come farla sugli ambulanti del Pigneto [per i non romani, un quartiere della capitale], l’onorevole Cicchitto così ha terminato il suo intervento: “E mica siamo gli scemi del Mediterraneo”.
In sette parole, tutto spiegato.