“Cerchiamo giornalista laureato, giovane, con esperienza, esperto di nuove tecnologie, pieno di entusiasmo, con una buona conoscenza di due lingue, che scriva almeno un pezzo al giorno… naturalmente gratis”. Che il settore del giornalismo fosse in crisi e che i compensi e le condizioni lavoro di migliaia di colleghi giovani, e non più tali, fossero ben al di sotto delle minime regole della dignità purtroppo non è una novità, ma la rete, (mezzo da me ritenuto utilissimo e fondamentale, sia chiaro), sembra aver aperto nuove frontiere di sfruttamento e degrado professionale.
È l’amara considerazione che sorge scorrendo le numerose offerte di lavoro per giornalisti, o aspiranti tali, come molti specificano, pubblicate sui maggior siti nazionali.
Gli annunci di lavoro on line per un settore che oscilla fra giornalismo e comunicazione sono molto frequenti: un qualsiasi motore di ricerca restituisce decine di voci alle parole chiave “lavoro, giornalisti, offerta”, ma basta leggere gli annunci per rendersi conto che l’attività giornalistica, e in generale l’informazione, sono ormai considerati beni da ottenere gratis, o al massimo con un minimo rimborso.
Partiamo dai migliori, vale dire da quegli annunci che promettono un compenso, (e non è affatto una cosa scontata), e precisano condizioni e luogo di lavoro: si va da 800 euro lordi al mese offerti da una società editrice con sede ad Aosta, che cerca “giovani giornalisti, con laurea triennale o di secondo grado, da inserire nella propria redazione per realizzare articoli di cinema, musica, eventi, tecnologia e ambiente”, alla testata di Ancona che per 700 euro vuole selezionare giornalisti di spettacolo, disponibili full time, con “laurea di tipo umanistico di primo e/o di secondo livello, passione per la scrittura, età non superiore ai 36 anni, buona cultura generale, con efficienza, organizzazione e sensibilità editoriale”.
Si trovano però anche casi che raggiungono il ridicolo, come quello di un’anonima società editoriale di Napoli, (l’assenza di riferimenti sul datore di lavoro purtroppo è un elemento molto frequente, e, visti i termini delle offerte, anche comprensibile) che, a fronte di requisiti come “conoscenza di WordPress e delle tecniche base del SEO, disponibilità a scrivere almeno 5 articoli settimanali, predisposizione al lavoro in team” e la richiesta di “un periodo di prova di una settimana” gratis, propone, “una retribuzione di 0,50 centesimi”, mezzo euro, “per articolo per poi aumentare in base ai risultati ottenuti”.
C’è anche chi si limita a promettere un generico “rimborso spese”, sempre a fronte di profili di altissima preparazione e professionalità, ma non sono i peggiori …
La tendenza ormai consolidata è infatti quella di non pagare più il pezzo, ma solo i contatti ottenuti dall’articolo pubblicato on line. Le offerte che propongono questo meccanismo non mancano: alcune scomodano alti valori, putando sulla necessità di “alimentare la democrazia sul Web”, altre stuzzicano le aspirazioni di “visibilità” degli “aspiranti giornalisti”, altri ancora invitano molto modestamente a partecipare a “rendere il mondo un posto migliore, dando ad ognuno la possibilità di condividere le proprie idee con un pubblico globale e beneficiare di un’informazione veramente indipendente”.
Anche qui le pretese non mancano, e per scrivere pezzi pagati in base ai contatti (un meccanismo che, a voler essere molto generosi, per un sito di media notorietà non procurerebbe all’autore più di 10 euro lordi ad articolo), i moderni e lungimiranti editori non si accontentano: vogliono giovani “che amano la scrittura, adorano il confronto con il pubblico e l’approfondimento”, e che scrivano “almeno 3 articoli a settimana”. Qualcuno aggiunge anche “No perditempo!!!”: quasi una contraddizione, visto che per scrivere per pochi euro a pezzo di tempo da buttare occorre averne molto.
Ciò che più preoccupa però sono le conseguenze di questo metodo di retribuzione, che non garantisce il giornalista, ma soprattutto non fornisce buona informazione ai lettori, innescando meccanismi che con il giornalismo hanno ben poco a che fare. Pagare a contatti spinge infatti chi scrive a scegliere temi e toni puntando esclusivamente ad attirare l’attenzione dei navigatori, innescando una sorta di gara a chi la spara più grossa, ormai già ben evidente sul web.
La tendenza a rifiutare le regole volute dalla categoria a garanzia dei lettori è confermata perfino da uno siti dei più attivi, “Blasting news”: per lavorare, si afferma nell’annuncio, “Non è necessario essere iscritti all’albo dei giornalisti, poiché la missione di Blasting News è quella di diffondere informazioni liberamente”.
Non manca chi sventola di fronte agli aspiranti cronisti la possibilità di ottenere la tessera da pubblicista, salvo poi specificare, due righe più sotto, che si tratta di “un percorso di formazione giornalistica sul campo, gratuito, non di un’offerta di lavoro”, omettendo che, perché siano validi per ottenere la tessera da pubblicista, i pezzi devono essere retribuiti.
Quella del lavoro gratuito in cambio di “visibilità”, o della tessera da pubblicista, è comunque una strada molto battuta, e non senza pretese: si cercano, senza retribuzione, “talenti italiani che abbiano effettivamente una marcia in più in termini di capacità, doti naturali, preparazione e motivazione”, “giovani che si occupano di affari internazionali, politica estera, politica di difesa, scienze strategiche, politica italiana, economia” con “conoscenza delle lingue” e preferibilmente la laurea, il tutto naturalmente raccolto in un “CV in formato europeo”.
Qualcuno infine batte anche al strada della compassione e della speranza, come la testata che, cercando “persone serie, realmente motivate e appassionate”, afferma che al “momento non è prevista retribuzione in quanto si tratta di un sito giovanissimo, ma non escludiamo che con il tempo si possa arrivare a ciò: offriamo comunque visibilità sui canali social e web”.