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Un ciclone investe la più grande emittente araba

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Al Jazeera è nell’occhio di un ciclone. Politico, ma ciclone. Nei cicloni, si sa, le forze in campo sono molteplici, si affiancano, si scontrano, si contraddicono cambiando repentinamente direzione e verso, per cui non è facile prevederne gli esiti, chi   guadagnerà e chi perderà, e quanto. Una considerazione però è possibile: chi rischia di più sono i Palestinesi, pur non essendo tra le forze che hanno scatenato il ciclone. Anzi proprio per questo.

L’avvio al ciclone lo ha dato il Regno Saudita inserendo la chiusura di Al Jazeera – insieme alla interruzione dei rapporti con l’Iran  e dei “finanziamenti al terrorismo” – nei 13 punti  dell’ultimatum che insieme al Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Yemen ha lanciato al Qatar, pena la rottura delle relazioni diplomatiche.  Così si è dato un primo sconvolgimento: al conflitto tra sunniti e sciiti si è  aggiunta la rottura del fronte sunnita, dando così modo a  Michael Oren,  già ambasciatore israeliano, di commentare soddisfatto su Tweet “Non più Israele contro gli arabi, ma Israele e gli arabi contro il terrorismo finanziato dal Qatar>. In quanto, ed anche questo si sa ma non sempre si dice, non tutti i terrorismi sono eguali: quelli finanziati da Riad sono infatti diversi da quelli finanziati dal Qatar”.

Al suo profilarsi Israele si è affrettato ad inserirsi nella frattura  del fronte sunnita  e ad appoggiare il blocco diplomatico e commerciale contro il Qatar, nella convinzione espressa da Moshe Ya’alon, già ministro della  Difesa,  “I Paesi arabi sunniti, tranne il Qatar, si trovano sulla nostra stessa barca, in quanto tutti vediamo un Iran con potenza nucleare come la principale minaccia contro tutti noi.”

Navigando per questi mari anche al Jazeera è  un bersaglio comune. Sono in molti a volerne la chiusura, almeno parziale, anche se i motivi non sono gli stessi,  ciascuno avendo i suoi che non sempre coincidono con quelli degli altri, anche se l’obiettivo è, come si è appena detto, comune.

Nel giro di appena vent’anni (è stata fondata nel 1996) al Jazeera nel mondo arabo è divenuta una potenza mediatica, con una diffusione estesa e capillare che raggiunge una platea  di 50 milioni di fruitori,  e conta su 3000 operatori. Nel tempo,  crescendo, si è anche trasformata divenendo strumento e soggetto politico  che ha svolto e svolge un ruolo geopolitico di tale rilevanza da preoccupare il regno saudita e non solo esso.

Nelle primavere arabe ha apertamente appoggiato le sollevazioni contro gli establishment salvo a sostenere poi le componenti islamiche: fra le accuse  che le muove Riad c’è appunto quella di appoggiare i Fratelli Mussulmani, facendosene il portavoce televisivo e su interne. Anche  nelle tragiche vicende della Libia e della Siria ha avuto una parte importante nell’appoggiare  le sollevazioni    sostenendone  le componenti islamiche E bisogna anche aggiungere che in questo suo ruolo al Jazeera non ha esitato a costruire informazioni false e a deformarne altre. Sicché,  come  spesso sta succedendo nello  scenario mediorientale ed in quello africano, non è possibile schierarsi.

Rispetto al conflitto israelo-palestinese al Jazeera è stata ed è dalla parte palestinese essendo quindi  una delle non molte fonti di informazioni su cui può contare la causa palestinese. Non stupisce quindi che Israele profitti del ciclone e voglia  chiudere la sede dell’emittente panaraba di Gerusalemme. Per la causa palestinese è certamente una perdita e  qualunque sia il giudizio che si possa avere su al  Jazeera è impossibile negare che la chiusura di sue sedi costituisce un grave attacco alla libertà dell’informazione.   Non  sarebbe né il primo né l’unico attacco alla LIBERTA’ di cui si renderebbe responsabile Israele.


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