l 20 agosto 2017 è stato sgombero in via Curtatone a Roma un palazzo in cui vivevano quasi 800 rifugiati, in prevalenza eritrei ed etiopi. Lo sgombero è avvenuto senza preavviso dopo quattro anni di occupazione. Nelle ore successive molte di queste persone, tra le quali famiglie con bambini, si sono quindi accampate in piazza Indipendenza senza sapere dove andare. La mattina del 24 agosto la polizia, dopo il tentativo di ieri, è tornata a farle sgomberare, stavolta usando l’idrante.
«L’intervento – fa sapere la Questura – si è reso urgente e necessario dopo il rifiuto di ieri di accettare una sistemazione alloggiativa offerta dal Comune di Roma, ma soprattutto per le informazioni di alto rischio pervenute, inerenti il possesso da parte degli occupanti di bombole di gas e bottiglie incendiarie».
È inaccettabile l’intervento della polizia che ha usato la forza per sgomberare le persone anche dalla piazza, come denuncia in queste ore abba Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia. A poco è servito sottolineare che queste persone non avessero dove andare e che meritassero di essere trattate come esseri umani.
L’offerta alloggiativa, poi, consisterebbe in sessanta posti letto in un centro di accoglienza in zona Torre Maura e Boccea, per tre o quattro mesi. Una proposta che non può costituire una reale soluzione alternativa per individui che hanno bisogno di una sistemazione duratura, soprattutto in quanto si tratta di rifugiati politici di cui le autorità sono obbligate a prendersi cura.
Queste persone sono vittime ancora una volta: prima in patria dalla quale sono state costrette a fuggire per sperare in una parvenza di vita migliore e degna di questo nome; e ora nuovamente qui, in Italia, dove pur in situazione regolare quanto al permesso di soggiorno, non hanno alcun tipo di garanzia quanto ad un tetto sopra la testa da chiamare casa.
Come Missionari scalabriniani ribadiamo, unendoci alle tante associazioni e realtà a servizio di migranti e rifugiati, che è urgente mettere in atto le risposte concrete previste per gli individui titolari di protezione internazionale e che, di fronte all’assenza dello stato, si vedono costrette a soluzioni precarie rischiando, come testimoniano i fatti di queste ore, la violazione dei loro diritti fondamentali.
La presenza tra loro di numerosi minori, poi, acuisce tale situazione che, se non affrontata immediatamente, è destinata a lasciare segni indelebili sul futuro di questi piccoli.