Follia e odio si rincorrono. Dal pestaggio mortale in vacanza a una strage in uno dei luoghi del desiderio. Troppo presto per fare bilanci, forse quindici morti e cinquanta feriti, un arresto, un fuggitivo ucciso ma c’è tempo per i dettagli, non cambia la sostanza di un pomeriggio infernale che ora ha colpito anche Barcellona. Piango le vittime e ripenso a quelle passeggiate sulle Ramblas. Ricordo che ai tempi delle Olimpiadi, nei primi anni Novanta, una sedia sulle Ramblas costava cento pesetas, qualcosa come mille lire. Sedie bianche, banali; le affittava un vecchietto con la barba grigia e un cappello come i nostri posteggiatori. Le Ramblas al plurale sono in effetti una strada sola, infinita che cambia nome a seconda della mercanzia. La più bella strada del mondo, secondo Hemingway. Dunque, paghi e ti siedi e vedi sfilare i colori del Mediterraneo, i personaggi più pittoreschi, le situazioni più eccitanti. Di questi tempi, con il sole, le Ramblas sono al massimo dello splendore, figuratevi i turisti. Adesso piango su una di quelle sedie.
Un terrorista, probabilmente due, hanno inseguito per seicento metri i pedoni, abbattendoli come birilli. Dopo Francia, Belgio, Gran Bretagna e Germania ecco colpita anche la Spagna. Non ci sono difese e non ci sono zone sicure perché i diavoli possono colpire dappertutto e in qualsiasi momento e sono pronti anche ad immolarsi. Mi dispiace molto dirlo ma noi che amiamo la vita come possiamo battere una cultura di morte? Per non perdere definitivamente questa guerra impari c’è solo un sistema: non farsi soggiogare dalla paura, non dobbiamo avere paura. Va seguito il messaggio di un grande campione come Messi: “Sii forte Barcellona”. Certo, sono momenti molto difficili ma guai a seguire gli immancabili sciacalli. Anche perché è inutile chiudere le porte. Chi semina terrore è già dentro, vive accanto a noi.