Migranti. Carlo D’Antoni (parroco Siracusa): “Credo nel diritto di tutti di avere riconosciuti i loro diritti umani”

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Ho letto sul quotidiano “Avvenire” ciò che ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana riguardo la “tratta di esseri umani” nel Mediterraneo e riguardo  il modus operandi delle ONG che cercano di trarre in salvo quei poveri cristi. Non sono d’accordo. E davanti alle persone che da anni vengono a cercare riparo nella mia parrocchia provenendo da una settantina di Stati del cosiddetto Terzo Mondo, lo debbo dichiarare.

Monsignor Gualtiero Bassetti sottolinea che chiunque deve rispettare la legalità, deve agire in un quadro di legalità. Egli rivendica con forza “ la necessità di un’etica della responsabilità e del rispetto della legge” di fronte alla piaga aberrante della tratta degli esseri umani. Dice ancora: “Non possiamo correre il rischio, neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità, di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana: e aggiungo che non possiamo scendere a patti con chi sfrutta in modo inumano il fenomeno migratorio”.

Io credo che la Chiesa (popolo credente e pastori, ma in primis i pastori) debba predicare la giustizia e la cittadinanza dei diritti per tutti. Se non c’è giustizia e se i diritti non hanno cittadinanza, la legalità serve solo a coprire le responsabilità di chi fa scelte sbagliate. La legalità non è un valore in assoluto ma è strumento per garantire la giustizia, il ben-essere, i diritti delle persone.  Gesù non disse. “Beati quelli che stanno nella legalità” ma disse: “Beati gli affamati e gli assetati di giustizia”. La legalità, infatti, non è un sacro valore da predicare durante la celebrazione della Messa. Mentre lo è la giustizia.

La Chiesa istituzionale dovrebbe promuovere l’etica della responsabilità dando nome e identità alle situazioni dove l’irresponsabilità (l’incapacità, cioè, di dare risposte) sta affossando la nostra civiltà, sta provocando il crollo del senso di giustizia, sta buttando nelle mani degli scafisti mafiosi chi altre mani non trova per inseguire un sogno di vita. La Cchiesa istituzionale non dovrebbe, in un momento come questo, nemmeno correre il rischio di gettare ulteriori ombre su quelle Organizzazione Non Governative che, come Medici senza Frontiere,  svolgono un’azione umanitaria che entra in conflitto con la politica della paura e con le sue miserie.

E’ davvero l’azione delle ONG il grande problema che abbiamo nel Mediterraneo ? Il dramma di quell’umanità imbarcata davvero comincia quando tentano di attraversare il mare o non ha forse origine nei Paesi dai quali quelle persone partono per diventare “clandestini” in Italia e in Europa?

Come dicono giustamente i Medici senza frontiere, in realtà si vuole mettere un tappo sulla Libia e poi vantarsi che “l’immigrazione sta diminuendo”. Quella Libia con la quale il ministro dell’Interno ha preso accordi esiste, è uno Stato, garantisce i diritti umani? La Libia, mi raccontano i ragazzi miei ospiti, da sempre è l’orrore pianificato. Che garanzie potrà mai dare? Il problema dell’immigrazione si risolve semplicemente non vedendo più barconi in mare? Ma quelli cercheranno altre rotte comunque, perché in Africa non si vive. E, a parte tutto, il diritto alla mobilità per una vita migliore rimane, appunto, un diritto.

Perché poi tutte le risorse dell’ Africa possono partire per il Nord del mondo, ma le persone no e devono morire, lontano però  dai nostri occhi ? E’ una bugia affermare che “ci stanno invadendo” ed è intellettualmente e moralmente disonesto parlare di un’ Italia e un’Europa che “non ce la fanno più”. Non ce la vogliono fare più perché tutto va articolato all’interno del nostro sistema economico e politico con le sue regole ferree come dogmi. Quei topi neri devono restare nel sottosuolo del Sud del mondo. Il Nord deve conservare integralmente i suoi standard di sviluppo e consumo.

Persone in carne e ossa (e non fantasmi infestanti), una volte giunte in Italia sono gettate nella strada senza mezzi di sussistenza per il solo fatto di essere state dichiarate “migranti economici” – come se questa qualifica annullasse quella di essere umani –  o sono espulse, non appena aggiunta la maggiore età, dal sistema Sprar. La verità è che, purtroppo, la “legalità” nel nostro Paese sembra valere in una sola direzione. Molto meno,  a volte nulla, per quanti sulla pelle degli immigrati fanno affari.

In questo quadro, richiamare il concetto di “legalità” con riferimento esclusivo a quanti salvano delle vite umane, rischia di apparire un modo per aderire alle richieste di quanti, a partire da responsabilità di governo, hanno fatto scelte che hanno creato disagio nel mondo cattolico.  Un richiamo alla “legalità”, insomma, che mentre ignora la giustizia sostanziale pare molto sensibile alle esigenze della politica se non a quelle dei singoli partiti.

Probabilmente si teme che questa storia degli immigrati, per i cattolici e la gente di buona volontà, diventi una luce rossa che si è accesa per avvertire che non è più possibile rimanere indistinti, che Stato e Chiesa devono stare in un rapporto dialettico e anche scontrarsi se necessario. Senza farsi inchini e sorrisi educati. Ritengo questa una scelta vitale per la Chiesa che altrimenti diventa una potenza tra le potenze di questo mondo, del tutto insignificante e non credibile.

Ci sono stati ultimamente degli incontri tra gli esponenti del governo italiano e alti prelati, anche con il Papa. Il quale – dicono le cronache –  ha elogiato lo sforzo dell’Italia per un’accoglienza più idonea e ha auspicato un maggior coinvolgimento dell’ Europa. Tutto questo è stato da qualcuno interpretato come un “camminare a braccetto” tra lo Stato e la Chiesa. In perfetta sintonia. Non è così. E queste letture di comodo non sono certo idonee a placare le preoccupazioni del più avvertito mondo cattolico. Il Papa ha sempre indicato, infatti, nel fenomeno migratorio, la tragedia del XXI secolo. Ha compiuto a Lampedusa il suo primo viaggio apostolico e in Messico celebrò la messa con l’altare a ridosso del famigerato muro anti – migranti sul confine con gli USA.  Il fatto che riconosca quanto è difficile accogliere tutta assieme questa massa di gente disperata non può essere interpretato come un cambiamento di linea e visione.

Io credo nella giustizia e nel diritto di tutti di avere riconosciuti i loro diritti umani. Non ho rispetto a priori per le istituzioni. Queste devono dimostrare di essere degne di rispetto in quanto strumenti di giustizia e motore dei diritti. Il Vangelo mi ha insegnato che noi credenti dobbiamo essere il sale della terra. E se il sale diventa insipido è meglio buttarlo in strada perché non serve più a niente.

Carlo D’Antoni, Parroco a Siracusa


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