Dopo Mosul, l’attenzione di questi giorni deve necessariamente essere rivolta alla città di Raqqa dove tra 30.000 a 50.000 civili ci risultano intrappolati e vittime di sanguinosi combattimenti. Il dato preoccupante è che la metà di queste persone sono bambini che vivono in condizioni umanitarie proibitive, continuamente sotto attacco e bombardati. Un vero inferno. I bambini e le famiglie che sono riuscite a fuggire nei campi di accoglienza limitrofi senza aver bevuto e mangiato per giorni, esausti, sconvolti e disidratati a causa delle alte temperature raccontano di strade piene di mine e di cecchini, di aver assistito all’uccisione dei loro parenti e a scene di rara crudeltà e violenza. Sono inoltre saltati i servizi sanitari di base, l’ospedale pubblico non è agibile, restano solo alcune strutture private che funzionano solo parzialmente, un quadro davvero devastante e in via di peggioramento. Ma non finisce qui. Da un mese mancano acqua ed elettricità, la popolazione raccoglie acqua non pulita dall’Eufrate, sottoponendosi al rischio di malattie ed esponendosi ad attacchi e fuochi incrociati continui. Scarseggiano le forniture alimentari. Anche prima dell’escalation dei combattimenti, le Nazioni Unite dal 2015 non sono riuscite a raggiungere i civili nella città di Raqqa in maniera regolare. I bambini non ricevono vaccini salvavita da due anni, si rischia l’esplosione di una grave epidemia di polio che ad oggi ha colpito 1 bambino su 5 nella stessa città di Raqqa. Dal 1 ° aprile 2017, i combattimenti hanno sradicato più di 200.000 persone in tutto il Governatorato di Raqqa, anche in questo caso la metà sono bambini. Come UNICEF siamo pronti ad intervenire in queste zone colpite da una grave emergenza umanitaria attraverso attività di sostegno ai traumi causati dalla guerra, ad informare i civili e soprattutto i bambini sui rischi delle mine e degli ordigni inesplosi, ad attivare le nostre unità mobili per fornire acqua e servizi igienici nonchè a ripristinare i percorsi scolastico educativi completamente stravolti da Isis in questi anni. Ma occorre anche l’aiuto della comunità internazionale ad accendere i riflettori su un dramma che colpisce ancora migliaia di innocenti indifesi.
Arrivano testimonianze raccapriccianti dai bambini in fuga da Raqqa raccolte da nostri operatori UNICEF. Abbiamo evidenze di bambine costrette a sposarsi giovanissime con i combattenti, vittime di matrimoni precoci o date in sposa ai cugini da genitori disperati per non farle finire nelle mani dei “fighters”. Altre, in lacrime, ci raccontano di essere state costrette ad andare a scuola sempre vestite di nero. Molti i giovani fatti sparire improvvisamente, tantissimi i minori non accompagnati che necessitano assistenza immediata. Alcuni ragazzi ci hanno raccontato di essersi dati alla fuga e salvati da spari e proiettili correndo da un tetto all’altro della città altri di aver fatto lo slalom tra le mine antiuomo disseminate ovunque. Ciò che più colpisce è l’impressionante numero di bambini di nove/dieci anni reclutati da Isis e costretti a combattere contro la loro volontà le cui bare, affermano alcuni sopravvissuti, una volta uccisi, spesso tornano alle loro famiglie disperate. Non possiamo assistere ad uno spettacolo di questo tipo. A Raqqa non ci sono solo combattenti ma migliaia di bambini e famiglie innocenti intrappolate. Rinnoviamo come UNICEF il nostro appello alle parti in conflitto affinchè tengano lontani i bambini da tutte questa atrocità e forniscano loro protezione e urgenti aiuti umanitari di cui necessitano