Che un giornale si occupasse tutti i giorni di mafie non era mai successo. Che lo facesse attraverso le penne giovani e coscienti di studiosi universitari nemmeno. È Attilio Bolzoni a comprendere il potenziale di un progetto che metta al centro lo studio scientifico e approfondito delle organizzazioni mafiose, lontano dalle chiacchiere “da bar dello sport” che sempre più spesso intasano l’informazione in fatto di mafie. L’intuizione – come riferisce a Articolo21 – arriva perché in troppi “parlano senza sapere di che cosa parlano”. Dal 14 agosto, invece, il blog Mafie di Bolzoni ospiterà gli scritti di studenti di tre università italiane che hanno fatto dello studio della mafia la loro tesi di laurea. “Questi ragazzi studiano – dice il giornalista – hanno passione, metodo. Sanno quello che dicono”. In più sono seguiti e guidati dai maggiori studiosi di criminalità organizzata. Nomi importanti, figli di storie e esperienze importanti, come Nando Dalla Chiesa, professore di sociologia dell’Università degli Studi di Milano, già promotore di esperimenti interessanti come l’Università itinerante – che vede gli studenti spostarsi sui territori interessati dai fenomeni mafiosi e studiarli in loco da vicino; ma anche la professoressa Stefania Pellegrini, che per prima ha attivato un corso di “Mafie e Antimafie” in una Scuola di Giurisprudenza e Alessandra Dino, sociologa all’Università degli Studi di Palermo e profonda conoscitrice dei rapporti tra mafia e chiesa.
Tra i lavori di tesi scelti da Bolzoni c’è, ad esempio, quello di Emanuel Butticé, dell’Università degli Studi di Palermo, che studia le connessioni tra Cosa Nostra e la curia trapanese e illumina le opacità in cui si muovono alcuni parroci di Castellamare del Golfo vicini ai boss locali. Da Milano, invece, Marco Bruno, sotto la guida di Dalla Chiesa, scrive una corposa tesi sull’Arma dei Carabinieri e l’azione di contrasto dei militari alla criminalità organizzata di stampo mafioso dagli anni Sessanta a oggi. Ma non solo Cosa Nostra. Laura Mascaro – già premiata per il suo lavoro col prestigioso “Premio Amato Lamberti” – indaga la guerra tra le famiglie ’ndranghetiste di Lamezia Terme, di cui troppo poco si sente parlare. “Questi ragazzi analizzano temi complessi – spiega Bolzoni – e lo fanno andando oltre gli slogan. È questo quello che manca alla narrazione mafiosa oggi: l’approfondimento”. Come precisa il giornalista, infatti, “Ci sono troppe persone che dicono grossolanità sulle mafie. Loro, invece, hanno studiato e hanno affrontato temi anche molto delicati”, come Pierpaolo Farina – dell’Università degli Studi di Milano – che ha scritto una tesi dal titolo Mafia e Capitalismo: una love story, andando a fondo sulle economie sporche su cui si regge la mafia. “Ho trovato estremamente interessanti i loro lavori e i loro profili. Questi giovani studiosi non si fermano agli slogan, ragionano. Sono una risorsa per me”, continua Bolzoni.
L’idea è dunque quella di portare all’attenzione del pubblico “mainstream” gli studi degli addetti ai lavori. Ad un mondo fatto di “immagini scontate, spot e slogan” e infarcito di “insopportabile retorica”, Bolzoni porta e contrappone l’approfondimento: porta giovani che scavano, che non si arrendono alla superficialità di un’informazione mediocre. Bolzoni porta dentro l’informazione mediocre il sapere scientifico frutto di analisi lunghe e meticolose. Converte, attraverso le voci giovani degli studiosi, nozioni spinose e delicate in dati fruibili a tutti. Si oppone al vento favorevole dei dogmi per portare un sano sovvertimento degli schemi correnti dell’informazione sulle mafie. Schemi sostituiti da indagini su indagini, da analisi su spaccati cui nessuno aveva ancora posto l’attenzione, da studi che sviscerano il passato buio del paese e leggono – con occhi avulsi da banalità e verità assolute – la realtà di oggi. Come fa Giuliano Benincasa che studia la malavita romana, la “mafia che non c’è” della Capitale, guardando dentro e analizzando la visione negazionista nella mentalità dei cittadini – specchio di un’Italia ancora incapace di accettare e metabolizzare la presenza mafiosa fuori dai confini ortodossi del sud. “Le persone non le raggiungi con le parole d’ordine, con gli slogan”, insiste Bolzoni. “Forse le colpisci, sì, ma poi non resta niente. Non si può fare la lotta alla mafia con i dogmi, con le verità assolute”. Quello che serve, invece, è andare oltre le mezze verità. Quello che serve oggi è un lavoro appassionato e approfondito. Servono la bellezza e la passione di questi giovani studiosi. E servono proprio a tutti: a chi non conosce le mafie per conoscerle e a chi, invece, pensa di conoscerle per conoscerle davvero.