Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha deciso di rendere pubbliche le minacce e gli avvertimenti arrivati, in questi ultimi giorni, a Paolo Borrometi, un giovane e coraggioso cronista di Ragusa, da tempo costretto a vivere “sotto scorta” dopo essere stato picchiato e aggredito da esponenti dei clan del che hanno messo le mani sul mercato ortofrutticolo e su altre lucrose attività di intermediazione.
Qualche giorno fa, mentre Paolo era fuori Roma, e ben pochi potevano saperlo, “mani ignote” hanno forzato la porta di casa, non hanno rubato nulla, non hanno distrutto alcunché, ma, guarda caso, hanno sottratto materiale informatico e documentazione relativa alle sue inchieste.
Nulla di rilevante, ma l’obiettivo era quello di inviare un messaggio a Paolo, agli inquirenti, alla scorta: “fate attenzione, vi seguiamo, possiamo colpire all’improvviso…”
Per questo il presidente Grasso, che la mafia ha studiato e contrastato, ha subito colto il segnale e ha voluto lanciare l’allarme.
Le minacce contro Paolo Borrometi seguono i tanti altri gesti di ostilità compiuti da mafiosi, corrotti e squadristi contro i cronisti.
Solo in questi ultimi giorni abbiamo dovuto registrare il pestaggio a Nello Trocchia che sta indagando sulla mafia nel foggiano, la campagna di insulti contro Federica Angeli per le sue inchieste sulla penetrazione della criminalità nel litorale romano, per non parlare delle campagne orchestrate nei confronti di Lirio Abbate, Marco Lillo, Giovanni Tizian, Sandro Ruotolo e contro chiunque abbia cercato di indagare su “Mafia capitale”.
I mafiosi e i loro parenti non esitano neppure a usare i social per “avvertire” i cronisti come è accaduto a Salvo Palazzolo, e come era accaduto a Paolo Borrometi e a Michele Albanese, da tempo “Sotto scorta” per le sue inchieste sulla ‘ndrangheta.
A questo si aggiunga l’aggressività, dentro e fuori la rete, dei gruppi razzisti, neonazisti e neofascisti che hanno preso di mira Paolo Berizzi di Repubblica, Andrea Palladino e Orazio Vasta per le loro inchieste sui “razzisti del mare”.
Chiediamo scusa ai tanti che abbiamo dimenticato.
L’elenco potrebbe continuare, perché mafiosi e corrotti hanno capito che la luce dei media rischia di rovinare molti dei loro affari e, dunque, minacciano il giornalista per impedire che la pubblica opinione sia informata sui loro delitti. Per queste ragioni, oltre ad esprimere solidarietà ai singoli, spetta a ciascuno di noi non isolarli, riprendere e rilanciare le loro inchieste, seguire le loro tracce ed “illuminare a giorno” chi e perché ha scelto di perseguitarli e di mettere a rischio le loro esistenze.
Quella che abbiamo definito la “scorta mediatica” può rivelarsi altrettanto efficace quanto la scorta di polizia, garantita, peraltro, da persone di rara generosità e professionalità.
Ci auguriamo che la Rai, in quanto servizio pubblico, voglia promuovere un vero e proprio “consorzio investigativo”, capace di dare voce e continuità ai “cronisti sotto tiro”, garantendo loro il supporto e la solidarietà di un’azienda che ha la possibilità di monitorare e di attivarsi sull’intero territorio nazionale, anche nelle terre dove la legalità è più a rischio e dove oscuramento ed isolamento possono favorire le peggiori tentazioni.
“Non preoccupatevi solo per me, ma spostiamo l’attenzione sul diritto di cronaca minacciato e sulle tante aggressioni quotidiane che non conoscono neppure l’onore della cronaca…”, queste l’appello di Paolo Borrometti e la sua richiesta a tutti noi.
Ci è sembrato giusto raccoglierla e condividerla, nella speranza che le sue parole possano trovare la giusta accoglienza, dentro e fuori le redazioni.