Confesso, non lo conoscevo. E plaudo al Corriere della Sera per aver rimesso in circolazione a basso prezzo i polizieschi di James Patterson, lo scrittore che ha sfornato più libri di chiunque altro al mondo, vendendo 300 milioni di copie, con circa180 titoli e una produzione di dodici nuove storie ogni anno. Romanzi “page-turner”, come li chiamano gli americani, che ti sospingono a sfogliarli senza interruzione in metropolitana, in sala d’aspetto, nell’ora di pausa, pur di sapere “come va a finire” e se il colpevole avrà la giusta punizione. Sono libri in grado di indurre a leggere anche chi non ha alcuna assuefazione alla lettura, chi la rifiuta aprioristicamente dicendo “non ho tempo”, e in particolare i ragazzi ingoiati dallo schermo del computer. Si suppone che anche loro, se mettono gli occhi sulle prime righe di questi thriller, contrarranno la felice e inguaribile dipendenza dal piacere della pagina. Questa almeno è stata la scommessa dei curatori dell’operazione editoriale, che ripropongono nei mesi torridi dell’estate, con cadenza settimanale, 12 gialli del poderoso narratore. Ho letto il primo e sono corso in edicola a chiedere se era uscito il secondo, e poi il terzo. Sono volumi di formato ridotto, veri tascabili, che non superano le 150 pagine e procedono a capitoli rapidissimi, anelli di una catena che tiene avvinti fino alla conclusione. Non avevo letto nulla di Patterson, my fault, mea culpa; ma del resto come è possibile leggere tutto! Avrei dovuto accostarmici a tempo debito, da ragazzo, quando la vita è illimitata e davanti agli occhi si estende un futuro indefinito in cui non si sa cosa sia la perdita di tempo. Noi studenti pre Sessantotto, invece, dovevamo tesaurizzare ogni riga, leggere per divagarsi era quasi interdetto. Prima veniva il dovere, la formazione, la conoscenza dei classici, i testi di impegno sui cui allenare il cervello, la palestra dello spirito, con non disprezzabili effetti collaterali, come attrarre le ragazze più vulnerabili ai tormenti dello spirito; Sartre, gli esistenzialisti francesi, Bertrand Russell, i filosofi della Scuola di Francoforte, Marcuse, Fromm. I libri dovevano servire a crescere in fretta e bene, non a ingannare il tempo.
Soltanto quando, dopo la laurea, sono entrato nel mondo del cinema, o meglio nell’orbita di Fellini che ne è la stella fissa, l’equivalente metaforico, le cose sono cambiate. Federico non riteneva possibile che a poco più di vent’anni ancora non conoscessi l’ hard boiled americano, e immediatamente mi introdusse ai romanzi di Raymond Chandler e di Dashiell Hammett; aveva capito che senza quelle storie di quotidiana visionarietà, sarei rimasto imbalsamato nel sarcofago accademico e non avrei mai potuto comprendere fino in fondo l’essenza della Settima Arte. Il linguaggio cinematografico è nato infatti tra gli scrittori di Hollywood prima ancora che sullo schermo. Mi appassionai senza riserve ai casi polizieschi dei detective privati Sam Spade e Philip Marlowe, alle loro intricate vicende di amore e morte, di corruzione e sparatorie, passioni impossibili e velenose, la sensualità torbida, il ventre molle dell’umanità mostrato senza tanti intellettualismi. Abbassai la cresta e cominciai a comprendere quale fosse veramente il talento della scrittura al quale segretamente, inconfessabilmente, avrei voluto appartenere. E di cui Patterson è un portatore sano. Forse non un sole di prima grandezza, ma sicuramente un corpo celeste con i gradi sulle mostrine, appartenente alla galassia letteraria assai più di tanto “manzonismo degli stenterelli”. Non filosofeggia, non cultureggia a vanvera, e i suoi romanzi possiedono una cifra inconfondibile: sono pura azione, con squarci privati ridotti al minimo, ambientazioni esclusivamente funzionali, descrizioni scarne, da verbali di polizia. In queste storie l’autore ha ‘concentrato’ rapidissimi resoconti dell’eterna lotta tra il bene e il male, tra i poliziotti costantemente in trincea a respingere l’attacco quotidiano, frontale, della criminalità organizzata, spesso manipolata da paranoici deliranti che vaneggiano di impadronirsi dell’intera società abbattendo le istituzioni.
Patterson ci immerge fin dalle prime righe nella bolgia di violenza in cui operano i suoi eroi. Alex Cross, detective afroamericano, personaggio tra i più amati dell’autore, sta distribuendo cibo per i poveri alla mensa della scuola cattolica St Anthony of Padua, sulla Monroe Avenue, mentre a Whashington imperversa già dalla mattina una tempesta di neve. All’improvviso risuonano degli spari ma il detective impiega una frazione di secondo di troppo nel rispondere al fuoco, paralizzato dalla visione che ha davanti agli occhi: un feroce criminale che egli stesso ha abbattuto dieci anni prima. Redivivo! Un proiettile della grossa rivoltella nichelata del nemico giurato lo colpisce al petto scaraventandolo a terra, fuori conoscenza; meno fortunato è il collega e suo amico di sangue Sampson, raggiunto al cranio e stramazzato al suolo tra le convulsioni “come se fosse percorso da scariche elettriche”. Cross non è morto grazie al giubbotto antiproiettile di Kevlar: “Mi sentivo come se mi avessero fracassato le costole e la testa”. La corazza indossata per precauzione aveva impedito il peggio: vogliono la sua pelle, sulla rete l’ordine è apparso perentorio: Kill Cross. Il demonio che gli è apparso in carne e ossa ha un nome e una faccia inconfondibili, e se è tornato sulla scena la partita mortale è di nuovo aperta. Ancora intontito Cross si getta alla sua caccia in un susseguirsi di colpi di scena che inchioda il lettore alla pagina fino al punto che mette fine alla storia. Un tornado, un turbine travolgente. La tecnica narrativa è affidata a una scrittura semplice, priva di retorica, finalizzata esclusivamente al progredire della vicenda. Scambi di battute rapide, commenti ridotti all’osso. Nessun rallentamento nel fluire delle scene. Il ritmo è quello delle graphic novel, cioè i racconti a fumetti di una volta, con le tavole che si inseguono impedendo al lettore di riprendere fiato. Storie di crimine, crime stories, nelle quali i ‘cattivi’ sono portatori di una violenza spietata, a cui le forze dell’ordine debbono opporsi senza risparmio, colpo su colpo, ma restando obbligatoriamente dentro i binari della legalità. Queste sono le regole, infrangibili.
James Patterson baciato dal successo stratosferico, diventato a 70 anni lo scrittore più ricco della Terra, si dedica con ogni mezzo alla divulgazione della lettura, finanzia biblioteche scolastiche, dona milioni di libri agli studenti, e milioni di dollari in bonus con cui acquistarli; vorrebbe che i ragazzi tornassero alle lettura, a quel nutrimento irrinunciabile in cui egli stesso è cresciuto benché proveniente da una famiglia certo non agiata, di Newburgh, nello Stato di New York.
In edicola sono già apparsi tre suoi titoli; il secondo, della serie “Le donne del club omicidi”, mette in scena un odioso, onnipotente, inafferrabile boss del cartello della droga che impone il suo regime di terrore dalla punta estrema del Messico al confine nord della California. I guadagni vertiginosi gli consentono di corrompere o eliminare con i metodi più disumani chiunque si metta di traverso. Catturato insperabilmente dopo l’uccisione a freddo di due ragazze in un locale notturno, viene chiuso in cella con misure di sicurezza alla Hannibal the Cannibal, che tuttavia non bastano a neutralizzare le sue minacce, rivolte allo stesso giudice che presiederà il processo e ai giurati del tribunale di San Francisco chiamati ad emettere la sentenza, alcuni dei quali, puntualmente, finiscono ammazzati per strada “come cani” per mano dei suoi sicari. E lo scontro finale è davvero degno di un film di Brian De Palma.
Il terzo libro, “La caccia”, con al centro l’ispettore Bennett, non concede al lettore neppure il tempo del prologo, travolgendolo con l’eliminazione in diretta di Bel Faccino, un doppiogiochista che viene braccato e ammazzato in una raccapricciante azione mozzafiato. Siamo precipitati nel bel mezzo della resa dei conti tra potentissime cosche rivali piombate a New York a ranghi serrati per il predominio del territorio. Quante ne vedremo ancora?
I migliori soggetti e personaggi dei romanzi di Patterson vengono tutti riproposti in questo ciclo, da Alex Cross, a Le donne del club omicidi, a Maximum Ride, Michael Bennett, Daniel X e Witch & Wizard. Gli appassionati del genere noir sanno bene di cosa si parla, gli altri avranno un battesimo di fuoco, e guadagneranno un lungo brivido lungo la schiena, non disprezzabile in questa torrida estate dominata, non a caso, da Lucifero. Nelle trame scopriremo il fondo oscuro della semplice cronaca nera, sempre più nera, a cui ci stiamo sfortunatamente abituando e che irrompe in primo piano con il suo strascico di orrore, di minacce, di disumanità, di foschi retroscena, di bieche collusioni, di efferati delitti, di tenebrosi abissi dell’animo umano. E in contrapposizione le funambolesche imprese delle forze dell’ordine chiamate a dissolvere ogni volta il nuovo incubo e assicurare ai cittadini un possibile equilibro nella convivenza civile. Storielle scacciapensieri? Forse, ma non sono solo canzonette.