“Chiediamo una scorta mediatica. Qui, che tenga d’occhio e monitori. E una scorta mediatica per quando andremo al Cairo” Paola, la mamma di Giulio Regeni, ci ha congedati così al termine dell’intervista che assieme al marito e accompagnati dall’avvocato Alessandra Ballerini ha concesso a me di Radio Rai, ai colleghi Stefania Battistini del TG1 e Paolo Maggioni di RaiNews.
La Milano deserta dove ci siamo incontrati fa riflettere su quanto mai come adesso si debba tenere alta l’attenzione. L’oblio e’ dietro l’angolo, anche se sul caso di Giulio Regeni questo rischio non si corre. Perche’ come hanno voluto ricordare i genitori di Giulio, subito dopo l’annuncio del nostro governo di inviare al Cairo l’ambasciatore Cantini, nominato lo scorso anno, ma la cui partenza era stata congelata, dalla loro parte ci sono soprattutto la Procura di Roma, gli investigatori, l’avvocato Ballerini e quel popolo giallo composto da migliaia di persone mobilitate da 18 mesi per chiedere verita’ sulla fine tragica di Giulio.
E parte di questo popolo giallo siamo anche noi, giornalisti, che tra non poche difficolta’ abbiamo cercato di capire cosa sia accaduto quella sera del 25 gennaio del 2016 e nei nove giorni successivi, fino al ritrovamento del corpo martoriato di Regeni. L’Egitto dove oggi i genitori di Giulio vogliono andare e’ un Egitto dove la verita’ viene nascosta, dove si conta sull’oblio del tempo per i tanti casi di sparizioni, arresti forzati. La verita’ che cercano i coniugi Regeni e’ anche quella per i tanti egiziani spariti nel nulla o morti sotto tortura.
Arresti e sparizioni aumentati in modo esponenziale da quando nel 2013 l’esercito fece cadere l’allora Presidente Morsi e arresto’ centinaia di suoi sostenitori appartenenti al movimento dei Fratelli Musulmani.
E’ un Egitto dove la sede del Sindacato dei Giornalisti e’ stata luogo di un’incursione della polizia con l’arresto di alcuni suoi esponenti, solo due mesi dopo la morte di Regeni. Dove la liberta’ di manifestare e’ stata soppressa da quasi tre anni e la liberta’ di espressione di fatto e’ inesistente.
Lo sanno i tanti giornalisti ancora in carcere ai quali viene negato un processo, come molti attivisti che avevano animato Piazza Tahrir.
Oggi chi si oppone al governo non scende in strada. “Sarebbe come decidere di morire inutilmente”, mi ha detto un avvocato egiziano per i diritti umani incontrato in occasione del primo anniversario dalla scomparsa di Giulio Regeni. Ecco perche’ oggi, se i genitori di Giulio lo chiedono, e’ importante andare con loro. Per parlare anche di tutti quegli egiziani che, come Giulio, sono stati improvvisamente inghiottiti e restituiti senza vita, uccisi dalle torture, o finiti nel nulla. #Scortamediatica puo’ essere il nuovo hashtag da lanciare sui social media. Per accompagnare i genitori di Regeni nella loro ricerca della verita’, una verita’ importante per i tanti Giulio egiziani.