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Antonioni, Bergman e Magritte: il surrealismo, la poesia e l’incanto

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Tre geni, tre protagonisti del Novecento, tre autori cui nei rispettivi campi, il cinema e la pittura, si deve un contributo essenziale alla crescita culturale del pianeta.
I registi Antonioni e Bergman, morti esattamente lo stesso giorno di dieci anni fa, e il pittore surrealista Magritte, rivoluzionario della tela, la cui esplorazione costante, connessa con la perfezione di uno stile nuovo ma non certo privo di tecnica, competenza e meticolosità nella realizzazione dei singoli dettagli, hanno portato una ventata d’aria fresca in un panorama artistico bisognoso di ridefinire i propri confini dopo aver apprezzato, e talvolta accantonato, le avanguardie di inizio secolo.
Le atmosfere di Bergman, i paesaggi e le inquadrature di Antonioni, i personaggi e le mirabilie di Magritte, scomparso mezzo secolo fa ma ancora ben presente nelle mostre e, soprattutto, nel cuore di tutti coloro che non ha mai smesso di emozionare: pagine gloriose di una stagione difficile, nella quale ogni giorno è stato una lotta, un’invenzione, una follia, una speranza, un sogno, un’illusione.
“In realtà – ha scritto di sé Bergman nell’autobiografia “La lanterna magica” – io vivo continuamente nella mia infanzia: giro negli appartamenti nella penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala, e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare l’enorme betulla a due tronchi, mi sposto con la velocità a secondi, e abito sempre nel mio sogno: di tanto in tanto, faccio una piccola visita alla realtà”.
Antonioni, invece, una volta disse di sé: “Mi sono fatto da solo. Credo di aver avuto per maestri i miei occhi”.
Magritte, infine, sosteneva che “nella vita tutto è mistero”, a conferma di una personalità brillante, enigmatica, senza dubbio complessa ma innegabilmente straordinaria, in grado di illuminare il mondo con una ventata rivoluzionaria dopo la quale nulla, almeno nell’ambito pittorico ma non solo, sarebbe stato più come prima.
Ci manca il loro riflettere, il loro interrogarsi, il loro amare e scrutare la vita e l’impossibile, la loro attenzione alle molteplici sfaccettature dell’animo umano e il loro costante inseguire un qualcosa di profondo e di indefinito; in poche parole, ci manca la raffinatezza di tre dei massimi interpreti di un’idea del mondo basata sulla magia e sulla critica sociale senza compiacenze od omissioni di sorta anziché unicamente sul profitto.
Tre geni e un addio che oggi celebriamo ma al quale non eravamo e non saremo mai sufficientemente preparati.

P.S. Lo scorso 1° agosto ha compiuto 75 anni Giancarlo Giannini: un pensiero e un abbraccio ad uno degli attori che hanno contribuito maggiormente a rendere il cinema italiano famoso e apprezzato nel mondo.


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