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L’abbraccio e l’impegno di Trieste per i tanti Giulio d’Egitto e di tutto il mondo

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L’abbraccio non poteva essere più caloroso. E non per motivi meteorologici. Nonostante la città fosse blindata per il vertice sui Balcani, nonostante sia estate, nonostante la riviera barcolana fosse decisamente più appetibile, tantissimi triestini (e non solo triestini) non hanno voluto mancare all’appuntamento promosso da Articolo21 Fvg mercoledì 12 luglio al Circolo della Stampa per la proiezione pubblica del docufilm di Repubblica “Nove giorni al Cairo”.

Non hanno voluto mancare neanche Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, che hanno ringraziato per la vicinanza e per le competenze e il cuore offerti per affiancarli nella ricerca di verità e giustizia: «queste — hanno detto — sono azioni e modalità concrete e vera solidarietà per rompere l’indifferenza morale che a volte accompagna, da più parti, nostro malgrado, la tragica uccisione di Giulio».

Non hanno voluto mancare Beppe Giulietti e Raffaele Lorusso, presidente e segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa, che in un messaggio inviato agli organizzatori hanno condiviso e fatto proprie «le ragioni che hanno portato alla convocazione di questo appuntamento, che non è solo e soltanto un atto dovuto di solidarietà nei confronti della famiglia di Giulio Regeni e di chi chiede a gran voce verità e giustizia per i tanti Giulio d’Egitto e di tutto il mondo, ma anche un atto di dignità nazionale»: sarà un preciso impegno della Fnsi «tentare di impedire che la tragedia di Giulio, come quella che 23 anni fa colpì Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, possa essere archiviata non solo nelle aule dei tribunali, ma ancor di più nei cuori e nelle coscienze della comunità nazionale». Se quest’impegno potrà essere concretizzato, sarà anche grazie al lavoro di giornalisti come Carlo Bonini e Giuliano Foschini, autori del docufilm e interpreti di quel giornalismo etico auspicato dalla mamma di Giulio in occasione del Premio Luchetta: un giornalismo a servizio della verità, che non smette di stare in mezzo ai fatti, un giornalismo, come aveva dichiarato Paola Deffendi Regeni, «che vuole certamente indagare, approfondire, comprendere, creare connessioni, ma senza pregiudicare il lavoro che stiamo portando avanti solo per scrivere due paginette».

Nemmeno loro hanno voluto mancare all’appuntamento triestino: Giuliano Foschini, nonostante i ritardi aerei e le scadenze professionali impellenti, ha voluto essere presente per raccontare l’emozione di parlare di questa tragedia nella terra di Giulio e per spiegare le ragioni che hanno portato lui e il collega Bonini a realizzare questo documentario, usando un mezzo inconsueto per loro, entrambi giornalisti della carta stampata. Alla base l’esigenza di sistematizzare la storia e di dare una risposta al tentativo quotidiano di normalizzare le cose. Perché in Egitto ogni giorno spariscono 3 persone, succedeva prima del 25 gennaio 2016 e continua a succedere oggi, e compito dell’informazione è quello di tenere accesa la luce e viva l’attenzione soprattutto sui temi più sgraditi. «L’unico dovere di un giornalista» scriveva Anna Politkovskaja «è scrivere quello che vede»: è quello che hanno fatto Carlo Bonini e Giuliano Foschini. Neanche tutti coloro che hanno visto il loro docufilm potranno più stare zitti: ciascuno, giornalista o meno, è da oggi ancora più impegnato a chiedere #veritapergiulioregeni e per tutti i Giulio d’Egitto e del mondo.


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