Al Dirigente Scolastico dell’Istituto comprensivo “Giovanni Falcone” – Quartiere Zen Palermo
Cara Prof.ssa Daniela Lo Verde, sono fermamente convinto che l’educazione alla legalità sia il miglior antidoto contro la mafia e la mafiosità. Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi il valore delle regole e la fiducia nello Stato anche se questo Stato a volte è colluso e corrotto. Ai giovani dobbiamo dare la forza e il coraggio di reagire alla rassegnazione, alla paura, all’omertà. Dopo il vile attentato che ha subito il suo istituto, occorre ribellarsi, farlo con forza, non assuefarsi e tornare dopo poco alla vita di tutti i giorni dimenticando cosa è successo. È per questo che dobbiamo impegnarci nell’educare i ragazzi all’importanza della conoscenza: perché loro non si convincano che convenga rassegnarsi invece di reagire e farlo uniti e con forza. “Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Questa frase di Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992, io la scriverei in un posto centrale e ben visibile del suo istituto in modo che accompagni ogni giorno l’ingresso in aula di migliaia e migliaia di studenti. Questa citazione di Falcone, che poi altro non è che un invito alla legalità, alla giustizia, all’etica umana, sancisce il sacrificio del magistrato palermitano, contribuendo a rendere merito a chi ha lottato la mafia senza paura e che, non dimentichiamolo, è stato osteggiato e contrastato per molti anni, nel vano tentativo di discreditare il valore della lotta a “Cosa Nostra” da lui portato avanti. Negli anni ottanta la “guerra” alla mafia non aveva il clamore e il rispetto di oggi e chi, come Falcone, decideva di mettersi contro i mafiosi non poteva contare su nulla e su nessuno, anzi aveva, in alcuni casi, perfino i colleghi contro. Falcone con i suoi metodi investigativi, con il suo coraggio e con il suo profondo senso dello Stato sapeva di combattere una causa giusta, andò incontro alla morte, senza poter godere nemmeno dell’amore dei suoi cari. Facciamo in modo che questo valoroso magistrato viva in mezzo alle generazioni più giovani e che possa diventare un esempio di vita e di rispetto delle regole e dello Stato. Cordialmente, Vincenzo Musacchio, giurista e direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise.