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“Illuminiamo” l’Africa. Terra piena di drammi, ma anche di potenzialità

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Su Articolo 21, padre Alex Zanotelli invita tutti i giornalisti a rompere il silenzio sull’Africa, a contribuire insieme a far parlare di questo continente troppo spesso dimenticato. È vero, non possiamo permetterci oggi di rimanere in silenzio su quanto succede in Africa, eppure, me ne accorgo io stesso, troppo spesso è difficile far sentire la nostra voce, arrivare all’attenzione dei media.

Sono da poco rientrato dal Sud Sudan. Noi di Medici con l’Africa Cuamm abbiamo iniziato a lavorare nel paese 10 anni fa, partendo dall’ospedale di Yirol, successivamente a Cuibet, Maper e finalmente a Rumbek. Non c’è una strada asfaltata, le capanne e i negozietti che incontri sono quelli di 10 anni fa, la povertà è grande e diffusa. L’unico a essere cresciuto è l’aeroporto di terra rossa frequentato ogni giorno da decine e decine di elicotteri e piccoli aerei che trasportano sacchi di riso, farina, farmaci, bidoni di gasolio e pattuglie di volontari che arrivano e ripartono. Nell’ultimo periodo, per le strade sono cresciuti gli “ambushes” (imboscate armate) per rubare cibo, dollari o computer. Ogni mezzo è buono pur di sopravvivere. Recentemente anche i nostri team sono stati coinvolti durante le ‘uscite sanitarie’ verso i villaggi e talvolta paura e insicurezza minano il morale.

Questa realtà va raccontata, non dobbiamo smettere di fare la nostra parte per richiamare l’attenzione su questi mondi invisibili e ignorati. Ma quando viaggio per queste terre, incontro i nostri impegnati sul campo, le persone del posto coinvolte nei nostri progetti, c’è anche un altro tema che mi viene alla mente: qual è l’Africa che vogliamo raccontare? L’Africa che io osservo è piena di drammi, ma anche di potenzialità.

Forse dobbiamo sforzarci di fare anche un passo in più. Ce lo ha suggerito anche Papa Francesco nell’ultimo messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali: «spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle “cattive notizie”».
Per questo dobbiamo impegnarci tutti, con le parole di Francesco, anche a «mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia. Vorrei invitare tutti a offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della “buona notizia”».

Così insieme alla testimonianza dei drammi che la gente del Sud Sudan è costretta a vivere, vogliamo, dobbiamo – mi viene da dire – raccontare anche storie come il “Graduation Day” (giorno di laurea) per le “midwives” (ostetriche) della scuola dell’ospedale di Lui. 20 nuove ostetriche, 12 donne e 8 uomini, provenienti da diverse aree del paese, etnie differenti, 3 anni di studio teorico ed esperienza pratica, tante difficoltà e ostacoli, compresa la guerra. Alla fine però la festa è grande! L’attenzione e la gratitudine erano tutte rivolte verso Magdalen, la “principal tutor” della scuola, un’ostetrica ugandese, trent’anni di esperienza, che è stata per gli studenti professoressa e madre, esigente e dolce! Richiamando alla mente fatiche e delusioni, successi e cadute, guardandoli fissi negli occhi ha sentenziato con fierezza: “nothing is impossible” (nulla è impossibile).

Credo che dobbiamo coltivare anche il racconto del possibile, delle soluzioni sperimentate, delle buone pratiche, dei percorsi di uscita da situazioni che sembrano in stallo. Dobbiamo sforzarci di farlo noi, anzitutto, e chiedere ai media di farlo, sempre più e sempre meglio, con accuratezza, tenacia, pazienza. Anche questo può cambiare il sentimento dell’opinione pubblica, della gente dei nostri territori che ha voglia di capire, trovare un senso, vedere indicata una possibilità di uscita ai problemi di tutti.


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