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G20: tedeschi liberati, gli italiani restano in carcere

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Sono sei i nostri connazionali detenuti in attesa di processo per i disordini scoppiati ad Amburgo. Contro di loro nessuna prova. Atto illegittimo, dicono gli avvocati. Presentate due interrogazioni parlamentari.

“È difficile persino portare loro il cambio della biancheria. Maria è rimasta per dieci giorni con gli stessi jeans addosso di quando l’avevano arrestata”.

Giuditta Bettini prova a descrivere, da Amburgo, le angherie che sua figlia, Maria Rocco,23 anni, è costretta a sopportare nel carcere di Billwerder. Si trova rinchiusa lì dal 7 luglio scorso. Nelle sue stesse condizioni altri quattro italiani: Riccardo Lupano 32 anni, Emiliano Puleo di 30, Orazio Sciuto 31 e Alessandro Rapisarda, 25 anni. C’è un sesto italiano, Fabio Vettorel, che di anni ne ha appena 18 e per questo è detenuto in un Istituto carcerario riservato agli under 21, a Jork.

Fanno parte di un gruppo di circa 200 persone fermate dalla polizia tedesca a seguito degli incidenti scoppiati durante il G20. Molti sono stati rilasciati dopo alcune ore, altri nei giorni seguenti. Per alcuni è stato richiesto il pagamento di 10 mila euro, come cauzione, Per questi sei giovani italiani, nulla da fare. Restano in carcere. Accusati, genericamente, di aver preso parte a “gravi disordini”.

Nessuna prova contro di loro, dicono gli avvocati tedeschi ai loro corrispondenti italiani che faticano a comprendere perché, dopo venti giorni, questi ragazzi debbano restare in carcere in attesa di un processo.

La Tgr Veneto sta seguendo, in particolare, la vicenda che riguarda i due giovani partiti il 6 luglio da Feltre, Maria e Fabio. “Anch’io sarei dovuto partire con loro -ci racconta l’avvocato Paolo Serrangeli e ci indica il suo computer- è da lì che hanno acquistato i biglietti per Amburgo la sera precedente il viaggio. La mattina del 7 Maria mi ha telefonato raccontandomi che era stata prelevata in strada dalla polizia mentre stava prestando soccorso a una ragazza che era in terra, ferita, con un piede ciondolante per una evidente frattura esposta della caviglia. Erano in corteo, gli altri scappavano ma lei non se l’è sentita di lasciare lì quella ragazza che, oltretutto rischiava di essere travolta. Fabio, quando si è accorto che la sua amica era rimasta indietro, l’ha raggiunta”.

In serata l’avvocato riceve una seconda telefonata da Maria: “Ci hanno portato in un centro di raccolta, non capisco cosa stia succedendo” le dice con tono molto preoccupato. Verrà interrogata -si scoprirà poi- senza l’assistenza di un legale. Portata in carcere, in isolamento. A farle compagnia solo un libro in inglese che la penitenziaria le “concede”.

Jamila Baroni è la mamma di Fabio. Anche lei, come la madre di Maria, parte per Amburgo appena apprende degli arresti. Ma dovrà attendere per giorni prima di poter vedere il suo ragazzo. “Mamma, non riesco a capire perché sono qui” le dice. “E non lo capisco nemmeno io” aggiunge Jamila. Che invita gli amici e quanti vogliano far sentire Fabio e gli altri un po’ meno soli a scrivergli una cartolina, un messaggio, l’unico modo possibile per comunicare con i sei: per Fabio l’indirizzo è JVA Hahnofersand, Hinterbrack 25, 21635 Jork Germany.

Per Maria e tutti gli altri: JVA Billwerder, Dweerlandweg n°100, 22113 Hamburg, Germany.

“Ci vorrà ancora del tempo, difficile a questo punto fare previsioni” ci dice un po’ sconsolato l’avvocato Antonio Prade di Belluno che insieme al collega Domenico Carponi Schittar di Venezia segue la pratica di Maria Rocco. “Secondo noi c’è stata una violazione del diritto europeo. Illegittima la disparità di trattamento fra tedeschi e italiani. I primi sono stati scarcerati in attesa del processo, i secondi trattenuti per un presunto pericolo di fuga. Ma con la libera circolazione dei cittadini europei, che con la sola carta d’identità possono muoversi all’interno dei Paesi dell’Unione, riteniamo che la condizione dei fermati, italiani e tedeschi, dovesse essere considerata sullo stesso piano”.

Intanto Maria Rocco, dal carcere, è riuscita ad inviare a Paolo Serrangeli una lettera nelle quale racconta la sua versione dei fatti e si dissocia da qualsiasi forma di violenza e da qualunque rivendicazione di gesti cruenti sia venuta in occasione delle manifestazioni di Amburgo. “Volevo solo manifestare pacificamente il mio dissenso rispetto al G20” ribadisce. Quelle poche righe saranno forse lette in Aula, a Montecitorio, dal deputato bellunese Federico D’Incà (Movimento 5 Stelle) che ha presentato un’interrogazione parlamentare. Altra interrogazione dell’on. Erasmo Palazzetto di Sinistra e Libertà. Giovedì 27 luglio alle 16, un presidio ha manifestato a Roma davanti all’ambasciata tedesca in via San Martino della Battaglia, per chiedere la scarcerazione dei sei italiani.

 


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