Giornalismo sotto attacco in Italia

Enzo Bettiza: storico, giornalista, liberale

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Enzo Bettiza: storico, giornalista, liberale. Ci ha lasciato oggi all’età di novant’anni e per questo proviamo un sincero dolore. Era un galantuomo mitteleuropeo, un figlio del Novecento e delle sue contraddizioni, dei suoi diluvi e della sua barbarie, in grado di scrutarlo, conoscerlo, incontrarlo di persona e infine di dargli del tu, esprimendone alcune fra le memorie più intense e significative che si ricordino nel nostro panorama letterario.
E poi la politica, che amava e alla quale ha dedicato una parte significativa della propria esistenza, combattendo nelle fila dei liberali ma aprendo, a differenza dell’amico Montanelli, all’idea di una collaborazione fra questi e i socialisti, nel contesto di una società che già allora, a cavallo fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, si rivelava bisognosa di punti di incontro e luoghi d’aggregazione di idee diverse ma comunque compatibili.
Profondo conoscitore delle vicende storiche, ha dedicato pagine memorabili ai diluvi del ’56 e del ’68 che videro l’Unione Sovietica nella parte del carnefice, sferzandone la barbarie ma comprendendone successivamente il dramma, quando l’89 spazzò via tante granitiche certezze che, in realtà, avevano i piedi d’argilla.
Acuto nei giudizi e mai banale nelle analisi, per nulla incline a scadere nel cinismo benché da lungo tempo disincantato circa le vicende italiane e mondiali, Bettiza seppe raccontare l’evolversi degli eventi con la rapidità del giornalista di razza e il piglio dello storico, approfondendo ogni singolo dettaglio e facendo dei suoi saggi le fondamenta dei suoi memorabili romanzi.
In contrasto con la nuova proprietà del Corriere, con lo stile e la direzione del duo Crespi-Ottone, seguì Montanelli al Giornale e non esitò a fornire una disamina feroce nei confronti di un cambio di linea che riteneva tra le cause del degrado del Paese nella stagione post-sessantottina.
Ha vissuto ogni epoca con il piglio del cronista, lo slancio dell’uomo di mondo e quella solidità asburgica che era propria della natia Dalmazia e delle sue tradizioni familiari.
Diciamo, dunque, addio ad un collega con cui spesso eravamo in disaccordo ma al quale, tuttavia, non possiamo che rendere omaggio e dire grazie per il patrimonio culturale, letterario e umano che ci ha lasciato e che continuerà a dare frutti, ne siamo certi, anche adesso che il suo fuoco interiore si è spento per sempre.


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