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Davvero è scalabile Rai Way? Legge e Concessione lo escludono. Ribadiamolo nel Contratto di Servizio

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In un articolo di Repubblica, sezione Finanza, del 19 luglio 2017, a firma congiunta Bennewitz/Fontanarosa, si dà vasta eco al provvedimento del GIP di Milano Cantù Rajnoldi con il quale si dispone l’archiviazione del procedimento penale a carico di alcuni dirigenti EI Towers per la tentata scalata a Rai Way nel 2015, in occasione della cd privatizzazione della controllata RAI detentrice della rete di trasmissione del segnale radiotelevisivo.

Ad essere richiamate con particolare risalto, sin dal titolo (“Rai Way è scalabile”), sarebbero però le motivazioni che hanno indotto il giudice penale ad escludere eventuali profili penali connessi con la manipolazione dei mercati (art. 185 TUF).

Le norme che obbligano lo Stato a mantenere il 51% in Rai Way, a parere del GIP, non sarebbero una barriera solida ed efficace in quanto il Decreto della Presidenza del Consiglio, che regola le modalità di privatizzazione della controllata RAY WAY, sarebbe un atto amministrativo debole perché modificabile o addirittura revocabile; il controllo sarebbe in ogni caso indicato come una mera scelta di opportunità. Quindi, visti i limiti della sua portata applicativa, si presume che il DPCM non potesse costituire allora (nel 2015), come ora, una barriera a un’Opas su Rai Way.

In realtà, le cose, oggi, stanno diversamente.

Infatti, la nuova Concessione di servizio pubblico è stata assentita dal Governo Gentiloni in esclusiva alla Rai, in conformità all’art. 45 TUSMAR, come modificato dalla recente riforma (L. n. 220/15), che fa della Rai la concessionaria ex lege (… nel quadro della concessione che riconosce alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa il ruolo di gestore del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale).

La nuova Convenzione, approvata con DPCM 28 aprile 2017, include nella concessione anche gli impianti di trasmissione, sempre in attuazione della legge che  all’art. 45 TUSMAR prevede come obbligo di servizio pubblico la “copertura integrale del territorio nazionale” e “la realizzazione nei termini previsti dalla legge 3 maggio 2004, n. 112, delle infrastrutture”.

Con particolare riguardo alla copertura del territorio la nuova Convenzione contempla “la ricevibilità gratuita del segnale al 100% della popolazione” (art. 3).

Con specifico riferimento a Rai Way, menzionata espressamente dalla Convenzione come unica e individuata articolazione societaria RAI in materia di reti di trasmissione, si precisa che.” La RAI ha l’obbligo di operare, anche tramite la propria partecipata Rai Way” e che “ La RAI potrà utilizzare, anche tramite la propria partecipata Rai Way” (art. 4), dovendosi intendere con la locuzione “propria partecipata” certamente un’interazione di controllo e non di mera partecipazione (in altre parole, la partecipata non deve essere di altri, ma di Rai – “propria partecipata”).

Né potrebbe essere diversamente poiché se in determinati casi Rai ha l’obbligo, come recita la Convenzione, di operare, anche tramite Rai Way, tale obbligo non potrebbe essere assolto se ci si dovesse affidare a un entità societaria priva di controllo, con negativi effetti sugli adempimenti di servizio pubblico.

E’ peraltro la stessa legge, fonte di rango primario, che impone a RAI (e quindi a Rai Way) il compito di garantire “la continuità del servizio erogato” (Art. 21 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 coordinato con la legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89). Lo diceva già il costituzionalista Ainis, in un parere del 2014, che assolutamente irragionevole appare la perdita del controllo di RAIWAY da parte di Rai: “A norma di legge (art. 45 del d.lgs. n. 177 del 2005), quest’ultimo viene demandato infatti a una società per azioni attraverso lo strumento della concessione, che a sua volta ha per oggetto sia la costruzione degli impianti, sia l’attività di diffusione dei programmi (P. Caretti, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Bologna 2001, pagg. 113 ss.). Il primo adempimento, dunque, precede – logicamente e giuridicamente – il secondo: senza la disponibilità e il controllo delle strutture che permettono la diffusione del segnale, l’offerta televisiva pubblica rimarrebbe un’astrazione, un corpo senza gambe. Questo significa che l’ipotesi della cessione totale di Rai Way (prefigurata, sia pure come eventualità da sottoporre a una decisione concertata fra la Rai e il governo nazionale, dall’art. 21, comma 3, secondo alinea, del decreto legge n. 66) inocula un elemento d’irragionevolezza nel sistema normativo”.

Se RAI è la concessionaria per legge, se gli impianti sono in concessione a RAI e non a Rai Way, se le frequenze sono assegnate a RAI e non a Rai Way, Rai Way è, e non può non essere, soltanto una longa manus di RAI, in quanto tale assolutamente non scalabile.

Del resto l’OPAS tecnicamente è un mero invito al disinvestimento e non si capisce perché il Ministero azionista o RAI dovrebbero aderirvi, visto che Rai Way non è un investimento (come le aziende pubbliche che producevano panettoni pubblici), ma è la costola del servizio pubblico, espleta una funzione, non un’attività commerciale, è servizio pubblico e non servizio universale (il primo è diretto alla indistinta collettività nazionale, il secondo ai singoli individuati utenti). Se la RAI è concessionaria ed è stata annoverata dalla Cassazione a Sezioni Unite non tra le imprese pubbliche, ma tra gli organismi di diritto pubblico, che non esercitano attività industriale o commerciale, lo stesso sarà per Rai Way, che deve essere naturalmente controllata da RAI, altrimenti RAI non potrebbe rispondere agli obblighi di concessione. Un eventuale scalatore scalerebbe non la società Rai Way, ma la concessione della RAI, poiché, raggiunta la posizione di controllo, assumerebbe tutti gli obblighi che la Convenzione affida a RAI “anche tramite la propria partecipata Rai Way”.

Si potrebbe quindi agevolmente rispondere all’appello recente di Anzaldi, come commissario della Vigilanza, circa la auspicata formalizzazione in qualche norma del carattere pubblico di Rai Way, precisando nel Contratto di servizio, la cui bozza è in fase avanzata, che RAI opera anche tramite la propria “controllata” Rai Way!!

Il sistema giuridico, come detto, già lo afferma, la Convenzione quasi testualmente lo dice (“propria partecipata”), il Contratto di servizio lo sugellerebbe anche per i più scettici.


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