Vaccini e (dis)informazione

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La morte per le complicanze del morbillo del bimbo malato di leucemia, ci riporta ancora una volta ad interrogarci sul perché ci sono così tante persone che hanno deciso di non fidarsi della comunicazione “ufficiale” ( grandi giornali, tv, radio, sito dell’ISS o del Ministero della Salute) ma di affidarsi alla ricerca sul web e soffermarsi sui social dove chiunque può dare un’opinione, dire cosa pensa e raccontare la propria esperienza individuale senza la necessità di esibire alcuna base scientifica.

Se cerchiamo di uscire dalla trappola “abbiamo ragione noi e hanno torto loro”, vedremo che la quasi totalità di coloro che sono contrari ai vaccini restano ciechi a qualsiasi dato statistico epidemiologico anche se allarmante (al di sotto del 95% di copertura vaccinale non c’è la famosa immunità di gregge che protegge anche quegli individui che per patologie particolari non possono vaccinarsi , oppure che le complicanze del morbillo possono essere gravissime e ogni 15 casi si sviluppa una polmonite e così via).

Dovremmo domandarci perché. Gli insulti servono a poco.

E’ chiaro che una parte di responsabilità la abbiamo anche noi come comunicatori. Comunicare per informare non è facile ed è delicato. Comunicare di un tema sensibile come la salute lo è forse ancora di più. E se il risultato è la sfiducia nella comunicazione, diciamo, tradizionale, e ci si fida di più del passaparola , forse questa comunicazione non è avvenuta in modo adeguato.

L’autocritica va fatta non solo sull’uso di terminologie poco comprensibili ma anche nei toni paternalistici e didattici usati spesso per parlare di medicina. Si è chiesto spesso un atto di fede più che spiegare, e quando si è andati troppo in là, come in questi anni, chi governa ha dovuto ricorrere all’imposizione (vaccini obbligatori pena la non ammissione a scuola) e ad una campagna di informazione che a questo punto può essere scambiata per “informazione di Stato”. Questo non ha fatto che alimentare lo scetticismo e i sospetti.

Credo che in questo momento di impasse pericolosissimo, più che le imposizioni (che si sono purtroppo rese necessarie), siano utili spiegazioni, incontri, campagne con informazioni capillari. Un porta a porta che è mancato tutti questi anni durante i quali molte persone si sono trovate da sole a cercare su internet risposte ad interrogativi e dubbi (leciti) cui nessuno rispondeva.

Per quel che riguarda noi dell’informazione, l’onestà intellettuale, la chiarezza , i dati statistici ragionati e spiegati possono aiutarci .

E’ un po’ lo stesso discorso che si può fare sulle cure antitumorali che in molti abbandonano perché “sono più dannose del cancro”.

Raccontiamo la verità, raccontiamo i pro e i contro, quando ci sono, i possibili effetti collaterali e la capacità di guarire , o, nel caso dei vaccini, di prevenire malattie che possono rivelarsi mortali o invalidanti.

Per fare questo forse bisogna abbandonare quel tono di superiorità del “fidati che io ne so parecchio” che ha creato il solco profondissimo della sfiducia fra noi giornalisti e quello che viene definito “il popolo del web”. Occorre riconquistare la fiducia di una massa crescente di persone ora più propense a credere ad esperienze personali non verificabili di un proprio “pari” e ad un sentito dire che ad un’informazione piena di dati validati ma incomprensibili.

Forse perché per lungo tempo non li abbiamo spiegati come si deve.


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