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Paolo Limiti e l’importanza della memoria

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È un vero peccato che se ne sia andato un galantuomo e un maestro di tivù come Paolo Limiti. E non solo perché dispiace sempre dover commentare la scomparsa di una persona perbene, che ha dato molto al Paese e fatto compagnia a tante solitudini, ma perché erano proprio il suo stile, la sua conduzione e i contenuti delle sue trasmissioni a rendere unico il personaggio.
Paolo Limiti, infatti, coltivava la memoria con un linguaggio al contempo garbato e semplice, conoscendone l’importanza, comprendendone il valore e curandone sia l’aspetto nostalgico sia la parte, non meno significativa, legata agli insegnamenti che essa è in grado di fornirci.
Ci ha lasciato a settantasette anni, sconfitto da un tumore, al termine di una vita intensa e gradevole, spesa fra canzoni e divulgazione televisiva, ironia e buongusto, entrando sempre nelle case degli italiani in punta di piedi, secondo l’esempio di altri grandi protagonisti della televisione che fu, e dimostrando di possedere una limpidezza ed una pulizia morale senza eguali.
Era davvero un gentiluomo, una di quelle figure di cui sembra essersi smarrito il seme: umile, profondo, ironico persino nelle sue tante gaffe e paroliere per Mina, Ornella Vanoni e altre personalità di primo piano del panorama musicale italiano, dunque autore di capolavori destinati all’immortalità.
Ci ha detto addio in silenzio, con compostezza, senza darci nemmeno il tempo di salutarlo e di rendergli l’omaggio che merita.


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