Sempre più spesso, nelle cronache locali e nazionali, si legge di casi di violazione dei diritti umani e di forme di sfruttamento della persona, dal caporalato alla riduzione in schiavitù. Le vittime sono per lo più persone giunte in Italia perché perseguitate o vittime di guerre e che dovrebbero essere quindi tutelate e protette per come previsto dalla Costituzione Italiana e dalle normative nazionali, europee e internazionali.
Due i casi più eclatanti verificatisi nelle scorse settimane nella nostra regione.
Per la prima volta la Procura di Cosenza ha contestato il nuovo reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Alcuni migranti hanno finalmente trovato la forza di denunciare una situazione già nota alle autorità competenti, anche a seguito delle visite realizzate dagli attivisti della campagna lasciateCIEntrare. Complessivamente,nel territorio silano, una trentina i rifugiati sfruttati in nero per somme oscillanti tra i 15 e i 20 euro per una giornata lavorativa di 10 ore. Quello che è emerso dall’operazione di Camigliatello, tuttavia, è solo la punta dell’iceberg di una situazione generalizzata e diffusa in larga parte della nostra regione, in cui i migranti, posti in condizioni di inferiorità giuridica dal nostro ordinamento, sono costretti a cedere a ricatti e minacce, a Camigliatello così come a Rosarno, nella piana di Sibari così come in quella di Gioia Tauro. Mano d’opera a bassissimo costo, ricattabile e senza diritti.
Qualche settimana dopo, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratterinell’ambito della maxi-operazione “Jonny”, traeva in arresto 68 persone tra cui Leonardo Sacco, presidente della sezione Calabria e Basilicata della Confraternita Misericordia che da oltre 10 anni gestisce il CARA di Crotone, nonchè il parroco del paese, don Edoardo Scordio, storico fondatore della Misericordia, entrambi accusati di associazione mafiosa. Sono loro, secondo gli investigatori della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, i veri promotori dell’organizzazione criminale che faceva capo al clan Arena. Attraverso la Misericordia e Sacco, infatti, la cosca Arena, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
L’operazione rappresenta una sorta di triste risarcimento morale per centinaia di migliaia di migranti transitati da uno dei campi più grandi di Europa. Per oltre 12 anni, come associazione, abbiamo raccolto testimonianze, racconti di ordinaria repressione e di abusi, denunciando disordini, “incidenti” e trattamenti degradanti nei confronti dei richiedenti asilo trattenuti all’interno del centro, frutto di una gestione dell’immigrazione che calpesta e offende l’umanità tutta.
Le sconcertanti condizioni a cui vengono costretti i “nuovi schiavi”, rappresentano un danno anche nei confronti di chi quotidianamente si batte e si impegna per la tutela dei loro diritti e lo fa mettendo a disposizione tempo, competenze, energie e professionalità, per garantire quel diritto ad una buona accoglienza che è l’unico antidoto contro chi specula sulla fragilità di uomini e donne spesso vittime di violenze e torture.
Continueremo a stare al loro fianco, rafforzando la nostra rete di solidarietà concreta che vede cooperare insieme operatori, medici, mediatori, avvocati e attivisti, per tradurre i bisogni in diritti.
Per tutte queste ragioni, abbiamo conferito procura speciale all’Avv. Eugenio Naccarato, del foro di Cosenza, per valutare l’opportunità di costituirci parte civile negli instauranti procedimenti, anche per evitare che queste brutte vicende vengano archiviate come già successo durante l’Emergenza Nordafrica. Era il 2011 e denunciavamo, insieme ai migranti, le perversioni della macchina dell’emergenza profughi che ha fatto arricchire tanti privati sulle spalle dei richiedenti asilo.
Chiediamo, infine, alle realtà associative del territorio di valutare la possibilità di esercitare, al nostro fianco e a quello dei migranti, azioni civili al fine di tutelare i diritti dei richiedenti asilo e rifugiati che giunti nel nostro paese vorrebbero solo avere la possibilità di ricostruire le proprie vite, interrotte da guerre e persecuzioni!
Associazione La Kasbah