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La Rai del futuro dovrebbe “tematizzare” anche la politica

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Nonostante l’ubriacatura (simulata) da digitale terrestre, nel testo della nuova Concessione tra lo Stato e la Rai si è tornato a parlare in termini più concreti di come offrire l’effettiva ricezione dei canali a tutto il Paese. E si è tornati a parlare anche del vituperato satellite. Moltiplicare canali, purtroppo, non è stato così semplice e oggi sappiamo che ci sono ancora zone del Paese dove è possibile vedere la tv solo attraverso la parabola. Detto questo, le sfide dei prossimi dieci anni – tanta è la durata del nuovo contratto – non potranno prescindere anche da una nuova offerta di natura contenutistica. E qui entra in gioco il concetto di una sempre maggiore tematizzazione, processo avviato con successo con i canali per i più giovani e in via di sviluppo per quanto riguarda gli altri canali tematici della tv pubblica, da Rai4 in poi.

E qui la nuova Concessione ha introdotto una – non del tutto nuova, per la verità – innovazione, ovvero la nascita di un canale a tema “istituzionale”. Si è tanto parlato della crisi del talk show, soprattutto come rappresentazione permanente del conflitto tra tv e politica. E forse non è stato detto nemmeno abbastanza. Di sicuro però esiste una via d’uscita, che è quella tracciata nel testo che regola il nuovo rapporto tra Stato e televisione. Parlare di canali “istituzionali” significa, per molti non addetti ai lavori, aprire un mondo completamente nuovo, che è nato per la verità nel lontano 1979 negli Stati Uniti, con il canale C-Span. Di lì in poi, dal Canada al Messico, Cile, Brasile e praticamente tutti gli Stati europei si sono dotati di canali tv che raccontano il mondo delle istituzioni. Che non riportano, per capirci, solo dei lavori parlamentari – strumento di ostica comprensione e decisamente assai poco “televisivi” – ma che sono ricchi di documentari, approfondimenti, se non anche di fiction a tema e, manco a dirlo, di varie forme di talk show.

La novità rappresentata dalla nuova Concessione in vigore dallo scorso 1 maggio è proprio in quel canale “istituzionale” che la Rai si è impegnata a realizzare per conto dello Stato in ossequio proprio a quella missione di “servizio pubblico” spesso invocata nelle Aule parlamentari e nel permanente dibattito/scontro politico intorno al piccolo schermo. Non si tratterebbe banalmente solo di uno spazio fisico in più. Nell’articolato si parla anche di segmenti di palinsesto che dovranno essere dedicati ai temi della vita pubblica istituzionale anche in attesa di un canale dedicato. Ma prima di una discussione sui palinsesti la Rai deve finalmente offrire a se stessa l’opportunità di dedicare tempo e forse risorse allo studio di qualcosa che dovrà prima di tutto rappresentare un momento dirimente su quali sono i linguaggi e le forme per raccontare in modo del tutto nuovo – e si spera avvincente – qualcosa che siamo abituati a conoscere poco, e male.

Può darsi che non si arrivi mai ai cartoni animati che spiegano le Istituzioni messicane o ai programmi declinati nei vari dialetti del portoghese che si parla nell’immenso Brasile perché venga raggiunta la popolazione in ogni angolo, ma l’occasione per ripensare a un racconto diverso anche delle Istituzioni italiane è un’occasione troppo ghiotta per rinunciarvi. E che almeno sulla carta tutto ciò sia previsto è certamente una buona notizia per chi guarda la tv, ma anche per la politica.

*Giornalista dell’Ufficio Stampa della camera dei Deputati responsabile dei canali satellitari


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