Come scrive Il Sole 24 Ore, Caltagirone editore si prepara a lasciare Piazza Affari. Detto in soldoni: si prepara ad uscire dal listino di Borsa e a liberarsi dagli obblighi che ciò comporta. Ad esempio: l’ obbligo di avere bilanci pubblici e in teoria, vale per tutte le società quotate in borsa, essere soggetta a criteri di trasparenza regolamentata, di crescita, redditualità, una certa solidità. Un’ azienda quotata in borsa che dia buone prospettive di reddito ha anche la possibilità di acquisire capitali che possono essere investiti senza ricorrere all’ indebitamento. Nel caso specifico, questi capitali da investire nel settore interessano ancora? C’ è qualcuno disposto a metterli sul piatto?
La notizia, al di là degli aspetti tecnici, riguarda il secondo gruppo editoriale italiano, proprietario, tra gli altri, de Il Messaggero, il Mattino di Napoli, Il Nuovo Quotidiano di Puglia, il Corriere Adriatico, il Gazzettino di Venezia. Per quest’ ultimo si preparano i festeggiamenti per i centotrent’ anni di vita e l’ ingresso nel fullcolor, non una novità nel settore e che arriva con un certo ritardo. Contemporaneamente a quest’ aria di festa annunciata, arriva anche la notizia del licenziamento di 10 impiegati.
Quest’ opera di delisting (l’ uscita dalla lista dei titoli accreditati in borsa) di un azienda di tale rilevanza (il 60,7% è proprietà dello stesso Caltagirone, il 4,6% dei figli, una quota minore di società collegate) potrebbe rappresentare una brutta notizia per i dipendenti dei giornali che operano all’ interno di questo gruppo. Raramente gli industriali italiani sembrano riuscire a pensare rilanci che aprano nuovi spazi di mercato e quindi la possibilità di creare nuovi utili e nuova occupazione. L’ unico tasto che sembrano conoscere è quello della riduzione degli occupati e un abbassamento dei costi derivanti dal lavoro. La conseguenza di questo, in campo editoriale, sono giornali fatti peggio, ulteriori perdite di settori di mercato la cui colpa viene invariabilmente attribuita ad Internet che certamente è un cofattore della crisi, ma non il solo: basti pensare alla caduta di credibilità di molti giornali, alla mancanza di iniziative rilevanti che non siano la vendita assieme al giornale di dvd e altri gadget, l’ incapacità ad innovare nel settore dell’ informazione.
E’ significativo che raramente i giornali riescano a trovare formule che attraggano i giovani, mentre, anche a causa della crisi economica, riescono a fatica a mantenere, se non a vedere la diminuzione, dei vecchi lettori, in molti casi acquirenti inerziali per via dell’ età. Anche in questo caso è interessante notare l’ uso che i giornali hanno fatto finora di Internet. Un home page che riporta titoli e articoli aggiornati più volte al giorno, ma senza novità sostanziali . Non c’ è un uso innovativo di quel che la tecnologia offre alla domanda di informazione e di approfondimenti che, nonostante, tutte le crisi persiste ed è molto sentita. E’ un vero peccato che non si conosca il dossier che Milena Gabanelli aveva presentato per la produzione di un giornale online 24 ore su 24 con la previsione di 120 giornalisti occupati oltre a 40 tra tecnici e impiegati. Lì probabilmente c’ è un modo nuovo di pensare al giornalismo online, alla gestione dell’ informazione. Lì probabilmente ci sono anche idee nuove che potrebbero essere utili per la carta stampata e per l’ interazione tra i due strumenti.
Il ritirarsi dal mondo della produzione giornalistica può significare anche altre cose. In molti casi il pubblico legge, non senza dubbi, l’ informazione economica e i consigli di investimento, a maggior ragione quando i giornali sono indebitati con le banche fino all’ osso del collo, oppure con gli editori che non essendo riusciti come industriali hanno la necessità del supporto dei vari governi che si succedono. Non è da escludere che la frammentazione del quadro politico italiano renda difficile per gli editori trovare interlocutori con i quali trattare (esemplificando grossolanamente: tu mi fai fare quest’ opera, io ti appoggio con il mio giornale, attacco il tuo nemico politico): La gente avverte questo e come diminuisce nel paese la credibilità dei partiti, analogamente, decresce la fiducia dei lettori nei confronti dei giornali.
Qualche voce malevola ha sostenuto che se la sindaca Raggi avesse approvato le Olimpiadi probabilmente si sarebbe risparmiata il 90% degli attacchi che ha subito fin dai primi giorni del suo ingresso in Campidoglio. Certo la Raggi, di suo, non manca certo di carenze e le cattiverie sopra riportate sono probabilmente libere fantasie, ma se una città come Roma è arrivata alla situazione in cui è arrivata, i giornali (i loro editori) hanno sempre fatto il loro mestiere?
Quella di Caltagirone editore non è solo una delle tante notizie di borsa. Forse vedremo presto delle conseguenze amare, molto amare. Ovviamente speriamo non sia così. Certo la crisi dei giornali deve spingerci a una riflessione che non sia di maniera, a ricette che di fronte a malattie gravi offrano degli optalidon contro il mal di testa.