Il nostro paese è sempre più inquinato da diffuse condotte corruttive e non a caso, secondo Transparency International (gennaio 2017), siamo insieme a Grecia e Bulgaria tra i più corrotti d’Europa. La corruzione, come emerge da indagini di polizia giudiziaria in corso e dai processi in svolgimento nella capitale e in altre città, ha assunto, ormai, carattere fisiologico (ma in carcere sono soltanto 250, a fine maggio scorso, i detenuti per corruzione e delitti collegati).
Data la sistematicità funzionale che presenta questo grave delitto ritenuto mezzo naturale per la realizzazione di certi interessi, si deve ormai parlare di fisiopatologia criminale, in quanto diventato strutturale nei contesti sociali più disparati, dove persone indagate o imputate, senza un briciolo di vergogna, arrivano ad autodefinirsi semplici “facilitatori” nelle varie combriccole corruttive.
L’interiorizzazione, da parte di questi delinquenti, di situazioni favorevoli alla violazione delle norme penali li predispongono al delitto nello stesso modo in cui vi è predisposto – per l’assimilazione di valori culturali analoghi – il ladro di professione.
Ma i corruttori sono di spessore criminale ben diverso dai ladri comuni. Così come i criminali fiscali sono tra le peggiori figure della delinquenza negli affari. Le evasioni e le frodi fiscali nel nostro paese non hanno soltanto una rilevanza quantitativa particolare ma hanno assunto forme talmente complesse e sofisticate da giustificare l’affermazione secondo cui, in questo ambito, “la realtà ha superato l’immaginazione”. La diffusione tra questi due illeciti, di norma indicati con l’unica espressione di “infrazioni fiscali”, ha origine da uno strappo tra sistema sociale e consenso sociale che appare insanabile e trova la sua spiegazione più semplicistica nella circostanza che per il cittadino il fisco è essenzialmente un nemico personale, un intruso della sua vita, un limitatore della sua indipendenza.
In realtà i motivi che determinano il fenomeno sono più complessi anche se la frode fiscale è causata, innanzitutto, da una reazione psicologica che è proporzionale alla pressione tributaria. Non è un caso che è proprio nei paesi in cui il tasso d’imposizione è molto alto che la delinquenza fiscale è divenuta il grande problema della criminalità economica. Reazione che deriva dalla mancanza di una visione sociale e collettiva dei problemi dello Stato e conseguentemente dal rigetto di considerarli come propri. Vi è, poi, il diffuso convincimento, da parte dei contribuenti della fascia media, in generale quella più penalizzata, delle sperequazioni tributarie al quale si somma il dissenso, quasi sempre polemico, di parti politiche più attente ai criteri e ai modi in cui viene gestito e impiegato il denaro pubblico. Dissenso che per i contribuenti dei livelli più alti e delle grandi imprese nazionali e multinazionali rappresenta un comodo alibi per giustificare evasioni e frodi tributarie.
Per queste ultime la frode fiscale è una costante della politica aziendale tesa esclusivamente all’accrescimento e al consolidamento di un potere economico e politico da raggiungere attraverso la realizzazione dei massimi profitti. Sono le frodi fiscali commesse dagli amministratori di queste società ad assumere sul piano criminologico il rilevo maggiore a causa della loro articolazione che rivela una pericolosità criminale degli autori del tutto particolare. Le violazioni tributarie di queste imprese – che rivestono spesso le forme della criminalità organizzata – vengono commesse impiegando, da un lato, le strutture sovranazionali di cui dispongono e dall’altro le scappatoie offerte dalla legislazione comunitaria e le disuguaglianze degli ordinamenti dei singoli Stati. Le tecniche attraverso cui si realizzano queste frodi (per esempio alterazioni delle rendite sociali, sovvenzioni ottenute fraudolentemente per esportazioni fittizie, trasferimenti di fondi per evadere l’imposta, trasferimenti della sede sociale in paesi che offrono maggior vantaggi sul piano tributario ecc..), sono complesse ed estremamente ben congegnate e il dolo dei loro autori assume un’intensità assai rilevante.
Per combattere la delinquenza fiscale generale (non sopravvivrebbe senza la cooperazione di banche, per lo più private o poco importanti), sarebbe necessaria una forte cooperazione e una adeguata legislazione tributaria internazionale. Intanto, comunque, individuare e reprimere le frodi fiscali più gravi e dannose, cioè quelle commesse dalle organizzazioni complesse, che significa indagini sicuramente più difficili e insicure, sarebbe un bel segnale per tutti quei cittadini che, a volte, hanno l’impressione di essere selezionati dalle agenzie di controllo e dagli organismi di polizia tributaria per accertare illeciti con maggiori margini di successo e per far lievitare le statistiche tanto care alle varie gerarchie.