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“Vogliamo il pane e anche le rose”

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Di Imma Pepino

“Una volta mi hanno chiesto come rispondiamo ai bisogni della gente. Semplice: non rispondiamo, perché non ne abbiamo i mezzi. La gente non ha bisogno del cineforum, del torneo di calcetto, del teatro o del carnevale. O meglio, non sa di averne bisogno. Il nostro compito, in un quartiere dove ci sono disoccupazione e dispersione scolastica a livelli altissimi, è creare questi bisogni. Creare il bisogno della bellezza, della musica, della cultura”. Comincia così il suo racconto Mirella La Magna, seduta nella sala principale del Gridas. Mentre parla stringe tra le mani uno strano santino: San Ghetto.

Mirella è la moglie di Felice Pignataro, artista scomparso nel 2004 e fondatore del Gridas, Gruppo Di Risveglio Dal Sonno, un’associazione arrivata nel quartiere Secondigliano nel 1981.

Il quartiere, costruito nei primi anni Settanta, è frutto di un tentativo di sperimentazione architettonica finito male che ha lasciato in piedi palazzoni di tredici piani, le Vele, con muri doppi e grigi. Le tante case popolari ammassate hanno conosciuto un po’ di colore solo con l’arrivo di Pignataro, degli attivisti e dei murales.

Le attività del Gridas sono in particolare rivolte ai ragazzini del quartiere. Il progetto, infatti, parte dalla precedente esperienza della “Controscuola”, portata avanti dagli stessi attivisti a Poggioreale. La “Casa delle Culture Nuvola Rossa”, sede storica del Gridas ricavata negli spazi abbandonati dell’Ina Casa, è diventata nel tempo un punto di riferimento per gli abitanti di Scampia.  Alla nascita del Gridas il quartiere si presentava come una distesa di case in continua crescita. “Quando sono state costruite queste case, e in generale la 167, non c’erano le scuole, non c’erano i negozi. Non c’era niente, solo case. Così è nato questo quartiere enorme. E solo case significa che la gente si deve arrangiare, come fai a mangiare? Allora qualcuno incomincia a vendere la pasta, così di stramacchio, e comincia a entrare nell’illegalità” racconta Mirella “Quando dopo il terremoto sono arrivati i soldi della ricostruzione, si sono create quelle sacche di miseria dove va a pescare la camorra. I clan con quei soldi hanno potuto agganciarsi ai grandi cartelli del Sud America e importare grandi quantità di eroina e cocaina, essendo tanta calava il prezzo. Occorreva poi la manovalanza. La manovalanza era perfetta perché l’arrangiarsi aveva già portato questi ragazzi con un piede nell’illegalità”.

L’attività dell’associazione è, quindi, un’attività di resistenza che trova la sua massima espressione nel Carnevale sociale che ogni anno vede in piazza gli attivisti insieme ai ragazzi e alle ragazze delle scuole del quartiere. Per raccontarlo, è in uscita il film autoprodotto Scampia Felix, realizzato da Gridas e da Francesco Di Martino, regista e attivista del collettivo siciliano FrameOff. Il film non racconta solo il carnevale, ma tutte le attività che si intrecciano nella costruzione di questo appuntamento.  “Volevamo ridare un senso al carnevale, che era nato come un momento di protesta e di liberazione di gente oppressa che per un giorno capovolge il mondo. Sono i morti di fame che per un giorno si abbuffano di cibo, il povero che per un giorno si traveste da potente. C’è questa cosa di assaporare per un giorno quella che potrebbe essere una realtà più giusta. Non bisogna però fare l’errore di pensare che questo carnevale del Gridas, oramai diventato di Scampia, duri un giorno solo perché prima di tutto ogni anno si sceglie un tema, relativo a ciò che è successo di importante nella società da declinare in vari modi. Poi su quel tema si devono costruire dal basso dei materiali, per cui si deve riflettere su quell’argomento, lo si deve sviscerare”. “Vogliamo il pane e anche le rose” gridano spesso durante il corteo di carnevale. Il senso di ciò che fa il Gridas sta esattamente lì: nel pane e nelle rose.

Da isiciliani


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