Federico Caffè ci ha insegnato che quanto più è ampia e diffusa la cultura economica – in tutti i suoi aspetti strutturali, istituzionali e di regole – tanto più si difende la democrazia, si può evitare che l’economia produca guasti sociali, penalizzi le classi subalterne ed emigrate (i molti), si avvantaggiano i poteri forti, le classi più agiate (i pochi). Ebbene, prima Roberto Petrini (su “la Repubblica” dell’otto maggio) e poi Massimo Giannini (sull’inserto di A&F del 29, in modo più vasto e puntuale) hanno sollevato l’attenzione su “la corsa e le grandi battaglie sulle nomine” del Governatore della Banca d’Italia.
Massimo Giannini in modo chiaro ha illustrato tutti i passaggi per la riconferma dei Governatori decisi dopo la campagna mediatica che ha costretto alle dimissioni Antonio Fazio prima dell’avviso di garanzia; Giannini ha fatto intravedere le manovre per ostacolare, senza logici motivi, la riconferma di Visco. Giannini ha dato un positivo contributo, per chi voglia vedere e non mettere sotto silenzio le manovre non tanto occulte messe in atto per condizionare autonomia ed indipendenza del ruolo del Governatore e quindi di una delicata istituzione. Autonomia ed indipendenza sono state drasticamente ridotte con modifiche istituzionali ed anche in conseguenza di una scelta di politica europea che ha ridimensionato sul territorio nazionale la struttura dell’istituto di via Nazionale. Con il suo articolo Giannini ha fatto fare un passo in avanti all’analisi dell’evoluzione, o involuzione, della Banca d’Italia che va ben oltre l’ingiustificato tentativo di non confermare per il secondo mandato Visco e, invece, manterrà in futuro sotto “ricatto” un’istituzione e chi sarà chiamato a governarla.
Non è stato quindi un caso che tutti gli interventi, sia istituzionali che di struttura della Banca d’Italia, sono stati decisi subito dopo la vicenda del Governatore Fazio che ha avuto esiti sotto l’aspetto giudiziario minimi – in rapporto alla pesante campagna mediatica – ed è addirittura arrivata all’assoluzione, nel giudizio di seconda istanza della Corte d’Appello di Milano, per il caso UNIPOL – BNL perché “il fatto non sussiste”.
Si è deciso che i governi, non il parlamento, assumono un ruolo molto più diretto e pesante nelle nomine dei Governatori in contrasto con il principio della separazione dei poteri indicato con ipocrisia da chi asserisce di far riferimento al pensiero liberal democratico e praticato, invece, da quello dell’ortodossia marxista. Si è deciso ancora, nella più totale inerzia di tutte le forze politiche e sociali, o nell’interessata azione di distrazione di massa di chi ha puntato all’indebolimento della Banca d’Italia, all’abolizione della durata dell’incarico di Governatore senza vincolo di mandato (e non del mandato a vita come lo si è voluto illustrare per farlo giudicare un retaggio “medioevale”) introducendo il doppio mandato che, è abbastanza ovvio, condiziona pesantemente ruolo e funzione nel corso del primo.
Si è ridotta all’osso la presenza sul territorio delle Filiali della Banca d’Italia senza tentare di darle, rivedendone la rete, altri incarichi possibili e utili agli interessi generali del Paese.
Tutte queste decisioni e i continui e quasi sempre strumentali ed immotivati attacchi alle funzioni e, implicitamente quindi, al lavoro ci forniscono un quadro preoccupate su chi vuole avere le mani libere e non essere ostacolato nelle azioni più utili agli interessi individuali (spesso illegittimi) e nel disinteresse di quelli collettivi.
Se è vero che il processo di unità europea ed il ruolo della BCE hanno ridotto i compiti di Bankitalia è altrettanto vero che i suoi compiti oggi sono altrettanto delicati e postulano di mantenere ancora alta la sua autonomia e indipendenza, di aumentare i suoi poteri di intervento. Basta pensare alla vigilanza su ben 462 banche italiane che troppo spesso svolgono il ruolo di bancomat degli amici, minano la propensione al risparmio e la sua credibilità, basta pensare al compito di comprare e immagazzinare i titoli del quantitavie easing, basta aver presente il controllo e monitoraggio del movimento dei capitali per contribuire all’azione contro il riciclaggio e l’evasione fiscale, per comprendere la necessità di non indebolire e condizionare Governatore ed istituzione. Basterebbe andare a leggersi gli atti della Costituente quando i loro componenti si posero il tema del perché tutelare al massimo la Banca d’Italia dai poteri forti e dalla cattiva politica di parte. Basterebbe ricordarsi degli attacchi a Baffi e Sarcinelli, analizzare la stessa vicenda Fazio per comprendere quali sono state le finalità destabilizzando Bankitalia, che hanno mosso poteri e parte della politica al loro servizio.
La banca d’Italia è una delicata istituzione che va tutelata in tutti i suoi aspetti anche quando i media vogliono metterla, come è giusto che sia, sotto la loro lente. Zagrebelski ha dichiarato quando ha toccato il tema della pubblicazione delle notizie: La libertà di stampa è fondamentale ma può incontrare limiti, non solo quelli che riguardano la vita privata dei singoli. Anche altri interessi pubblici possono chiedere tutela”.
Forse Vladimiro Zagrebelski, ex giudice della corte suprema, quando ha rilasciato l’intervista ha pensato anche alla Banca d’Italia.