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Le missioni impossibili di Valentina, la “condottiera” di Paternò

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Di lei gli amici dicono che è specializzata in missioni impossibili, in sfide donchisciottesche su cui nessuno scommetterebbe un centesimo. Eppure, Valentina Borzì, 32 anni, precaria di call center e laureanda in Economia, per gli amici “la condottiera”, sembra aver preso l’abitudine ad ingaggiare prove impossibili. E soprattutto a vincerle.

Come l’ultima, quella che ha restituito a Paternò, la sua città, la sede Inps inizialmente destinata al trasferimento nel territorio di Bronte, che si è conclusa ieri con la clamorosa decisione dell’ente previdenziale di mantenerla a Paternò: “Quando ho saputo che volevano sottrarre alla nostra città la sede Inps, così come era già accaduto con il taglio del tribunale e del punto nascite” racconta Valentina “ho pensato assieme ad alcuni miei amici ed ex colleghi del call center di fondare un comitato per salvare la sede Inps di Paternò. All’inizio tutti mi dicevano che era una battaglia persa, che c’erano tanti interessi – e tanti nomi – dietro quest’operazione, che era già tutto deciso e che non c’era più tempo per far cambiare rotta ai vertici dell’Inps. Ma non ci siamo dati per vinti. Abbiamo continuato, coinvolto i cittadini, gli esponenti politici del comprensorio, le istituzioni locali, i sindacati e le associazioni. E alla fine abbiamo ottenuto questo risultato che è una vittoria di tutta la comunità paternese”.

E in effetti, per chi come noi questa battaglia l’ha seguita dall’inizio, le parole di Valentina non sono una novità. L’abbiamo seguita quando, alla vigilia di Pasqua, girava il paese assieme agli altri membri del comitato (Giovanni Arcidiacono, Mery Prezzavento e Ilaria Borzì), per convincere i cittadini ad unirsi alla lotta. O quando, sotto la prefettura, nel corso dell’ultima – decisiva – riunione tra esponenti istituzionali, rappresentanti dell’Inps e prefetto, radunava centinaia di persone per protestare conto quello che – unanimemente – veniva considerato l’ennesimo “scippo” alla città di Paternò.

Oggi, però, è tempo di festeggiare una prima vittoria che è, anche, l’affermazione di un inedito – e a quanto pare efficace – metodo di partecipazione dal basso: “Abbiamo deciso” precisa Valentina “di non smobilitare il comitato, anzi di metterlo a disposizione dei cittadini per contribuire al miglioramento delle condizioni della nostra città, in un’ottica di partecipazione civica”.

Ma c’è un’altra missione impossibile su cui Valentina e i suoi ex colleghi del call center Qè di Paternò sono impegnati ed è quella che riguarda la riapertura dell’azienda in cui anche lei lavorava.Anche in questo caso, una partita che sembrava persa, dopo il licenziamento di 600 lavoratori, è stata riaperta: “E’ stata e continua ad essere un a vertenza difficilissima” dice Valentina “ma dopo mesi di lotte, presidi, incontri con le istituzioni, alla Regione e al ministero, adesso si aprono degli spiragli. L’azienda dovrebbe riaprire con una nuova ragione sociale e restituire a Paternò qualche centinaio di posti di lavoro”. Una boccata d’ossigeno per un paese piegato dalla disoccupazione, in cui le occasioni di lavoro sono inesistenti e i giovani fuggono – spesso a Londra – in cerca di un futuro: “Io” dice Valentina “per il momento rimango. Ho trovato lavoro in un pub e nel frattempo studio, mi manca un esame alla laurea, dopo deciderò cosa fare.” Studiare, laurearsi e nel frattempo guadagnarsi da vivere. Un’altra missione impossibile, l’ultima sfida da vincere. Per lei, forse, la più importante.


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