Una via per raggiungere qualche risultato: è questa, secondo il senatore Felice Casson, l’utilità dello stralcio di tre articoli del disegno di legge Costa sulla diffamazione, deciso il 16 maggio scorso dalla Commissione Giustizia del Senato. “L’abolizione del carcere per la diffamazione era l’aspetto più importante del provvedimento, ma non sembra esserci la possibilità di un accordo. Il problema è che la politica non tollera il controllo di legalità da parte del giornalismo e della magistratura”, spiega Felice Casson a Ossigeno.
Per il senatore “lo stralcio rappresenta la conclusione di una discussione in cui si è capito che il ddl per intero non aveva alcuna possibilità di andare in porto”, a causa delle profonde divisioni tra i gruppi parlamentari del Senato. “Considerati i tempi ormai ristretti in questa legislatura (che giunge termine entro primavera del 2018, ndr), ci è sembrato opportuno provare a concentrarci soltanto su alcuni temi”: quelli realizzabili, come il freno alle querele e alle liti temerarie.
Fra gli emendamenti proposti dal senatore – “già formalizzati nella passata legislatura e poi annacquati alla Camera” – uno prevede una sanzione per le azioni giudiziarie civili e/o penali promosse in malafede, consistente in un risarcimento al giornalista che può essere fissato fino al dieci per cento di quanto gli era stato richiesto.
Forse questa percentuale è esigua per funzionare da deterrente…
Questa quota, per quanto appaia bassa, ha già creato problemi e malumori tra i senatori. Se passasse, sarebbe una grande vittoria. Ad esempio, chi chiedesse un milione di euro rischierebbe di doverne pagare 100mila. Non è poco.
Riguardo alla proposta che sia il giudice a decidere la sanzione “in via equitativa”, cioè secondo un’autonoma valutazione, non si rischia di produrre sentenze arbitrarie e poco eque?
Avrei voluto mettere paletti più rigidi per i giudici, stabilendo una percentuale più elevata e comunque fissa. Ma anche questa proposta si è scontrata con valutazioni divergenti all’interno della Commissione giustizia.
Lei propone anche la possibilità di richiedere al giudice la rimozione da siti internet e motori di ricerca di contenuti diffamatori e dati personali. Non sarebbe stato meglio puntare sull’obbligo di aggiornamento delle notizie?
Preferirei l’aggiornamento all’eliminazione dei contenuti, ma a patto che il meccanismo funzionasse. Finora molte richieste di aggiornamento delle notizie web non sono state attuate. Piuttosto, bisognerebbe prevedere sanzioni diverse, perché ad esempio molti provider internet sono registrati all’estero, e in questi casi si riesce a fare poco, anzi nulla.