4 maggio, tableaux. Il primo è Il flash mob della scuola di italiano per stranieri di Cologno, chiusa in maniera assurda. Nei cartelli la rivendicazione di un diritto. Negato. Cultura, non chiusura, recita un cartello. In tre parole l’abisso che si apre quotidianamente nell’ignoranza diffusa.
L’altro quadro è Xabier Hernández, protagonista della sua storia in L de Libertad, documentario corto in concorso per la regia di Marc Guanyabens. Xabi non ha le braccia e però è riuscito a ottenere la patente. Una storia raccontata in 11 minuti. Con Marc, Xabi è venuto a firmare il manifesto del Festival, come tutti gli altri ospiti. Gli abbiamo chiesto se volesse firmare senza foto o video, ci ha guardato sorridente, perché ‘non c’è problema, ho addirittura recitato in un film’. Eccolo, con semplicità e soprattutto con normalità. Il film ha fatto il giro di mezzo mondo, venite a vederlo nel week end (domenica 7 maggio ore 14.00).
Il 4 maggio, qui al Festival dei Diritti Umani è stato il giorno dedicato all’hate speech, ai discorsi d’odio, alle parole svuotate che corrono sulle autostrade del nulla dei social network e alle prospeettive anche e soprattutto per il mestiere del giornalismo, che ha bisogno di nuovi codici che si aggancino a quelle che sono le insidie contemporanee. Che non hanno a che vedere con la tecnologia, ma con le dinamiche antiche del raccontare e dello scegliere, del ragionare e del peso che le parole devono avere.