Articolo 21, promotore di un appello condiviso da Amnesty International Italia, Arci, e Un ponte per…. in merito a un grave episodio che ha visto protagonisti i componenti di una delegazione di attivisti egiziani in Italia per una riunione di lavoro organizzata della rete Euromed Rights che riunisce 70 organizzazioni di società civile europee, del Maghreb e del Mashrek, si appella al governo affinché non si verifichino più episodi del genere su suolo italiano.
Seguiti, fotografati e controllati da spie di Al Sisi per le strade di Roma, diffamati e, in un caso, addirittura sottoposti a interrogatorio e arrestati in patria questi difensori dei diritti umani hanno visto violare i propri in un paese dove avrebbero dovuto essere al sicuro.
Di seguito la ricostruzione dei fatti e la richiesta di chiarimenti avcanzata al nostro governo.
Il 20 e 21 maggio si è tenuta a Roma una riunione di lavoro organizzata da Euromed Rights, un’autorevole rete euro-mediterranea per i diritti che riunisce 70 organizzazioni di società civile europee, del Maghreb e del Mashrek, impegnata per rafforzare il ruolo della società civile e promuovere i diritti umani nell’ambito della Partnership euro-mediterranea e della Politica europea di vicinato.
Il workshop era dedicato alle opportunità di cooperazione nella regione euro-mediterranea, riguardo la situazione dei diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali nella regione e dunque anche in Egitto.
Erano presenti accademici, ricercatori e rappresentanti di organizzazioni di società civile impegnate sui diritti umani di Italia, Danimarca, Tunisia, Palestina, Germania e Belgio, fra i quali alcune figure autorevoli come Kamel Jendoubi, presidente onorario di EuroMed Rights; Bahey el-Din Hassan, direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies; Marc Schade-Poulsen, direttore esecutivo di EuroMed Rights; l’avvocato Khaled Ali; l’accademico in scienze politiche Amr Hamzawy; Mohamed Zaree, avvocato dei diritti umani e presidente della Arab Organisation for Criminal Reform; Ahmed Samih, direttore esecutivo dell’Andalus Institute for Tolerance and Anti-Violence Studies; Nancy Okail, direttore esecutivo del Tahrir Institute for Middle East Policy; e Moataz El Fegiery, Coordinatore di Front Line Defenders MENA Protection.
La riunione era parte del programma di lavoro interno di Euromed Rights e non era stata dunque pubblicizzata se non fra le persone che vi hanno preso parte.
Al suo arrivo a Fiumicino un partecipante ha trovato una persona qualificatasi come giornalista egiziano ad aspettarlo, il quale ha insistito pesantemente per accompagnarlo in albergo. Di fronte al cortese rifiuto oppostogli, il sedicente giornalista è riuscito a interloquire con il tassista, riuscendo forse così ad avere l’indirizzo dell’hotel dove la persona era diretta.
Il sedicente giornalista accompagnato da un fotografo e da un’altra persona hanno poi raggiunto l’albergo dove era in corso la riunione, convincendo con una bugia la reception a mostrare la lista dei partecipanti, stazionando per ore nella lobby e nei bar adiacenti, seguendoli nei loro movimenti dentro e fuori l’albergo, riuscendo così a prendere foto dei partecipanti e introducendosi nella sala della riunione.
Il 22 maggio articoli diffamatori sono apparsi su numerosi quotidiani egiziani, accompagnati dalle foto prese a Roma. Accusano fra l’altro i partecipanti egiziani di aver preso parte a un incontro teso a “pianificare uno stato di caos e di instabilità in Egitto nel prossimo periodo, prima delle elezioni presidenziali“.
Sono menzogne gravi, che in Egitto possono costare la libertà, se non peggio.
Amnesty International Italia, Arci, Articolo 21 e Un ponte per… sono preoccupate per gli attivisti e i difensori dei diritti umani egiziani, cui esprimono vicinanza e solidarietà, mentre gli attacchi contro di loro proseguono:
Agenti di sicurezza e giornalisti filo-governativi hanno pesantemente insultato e minacciato su Facebook Nancy Okail (accademica e direttore del Tahir Institute for Middle East Policy) per aver denunciato i fatti di Roma. La mattina del 23 maggio uno dei partecipanti sarebbe stato convocato al Cairo per interrogatori.
È necessario che il governo italiano e tutte le istituzioni competenti intervengano presso le autorità egiziane per chieder loro conto di quanto accaduto in territorio italiano e pretendere che episodi del genere non si ripetano più. L’Italia deve essere un paese sicuro per gli attivisti e i difensori dei diritti umani egiziani.