Quando si cercano le cause interne e le vie di uscita da una crisi economica , si guarda alla politica. Che nel nostro paese la crisi sia anzitutto politica , è una certezza. Dalle elezioni del 2013 , le ultime, lo scollamento tra progetti , promesse e impegni dei partiti , e traduzione politica degli stessi , è clamorosa e inquietante . Nessuna delle formule di governo prospettate in campagna elettorale si è realizzata , anche alla lontana. La geografia delle camere non ha alcuna relazione con quella uscita dalle urne .Un voto falsato , tradito ,in sintesi. Si è mantenuto in vita un parlamento incapace di eleggere il capo dello Stato , se non implorando quello uscente di rimanere alla guida istituzionale del paese : al prezzo di una ramanzina senza precedenti , di un impegno a riformare la costituzione senza precedenti , di una supplenza senza precedenti. Si è riformata abbondantemente la carta in vigore , pur confermandone l’impianto parlamentare ; ignorando , nei fatti , il vizio radicato della espropriazione delle camere da parte dei governi . Con il senno di poi , se l’impegno chiesto alle camere si fosse concentrato sull’esigenza di riformare una legge elettorale la cui distanza da alcuni principi della costituzione era plateale , quantomeno sotto il profilo del rispetto della sovranità popolare , forse non avremmo comunque una legge elettorale , ma ci saremmo risparmiati una lacerazione non tanto del sistema dei partiti – ormai monadi autoreferenziali , affette da autismo acuto- , quanto delle relazioni sociali .
Negli altri paesi , scosse vi sono state , quasi ovunque : basta pensare alle elezioni presidenziali americane , vinte da un repubblicano avversato dal suo stesso partito ; alla Francia , che ha in queste ore un nuovo presidente , ma un sistema dei partiti da rifondare ; alle avventura populistiche in quasi tutta Europa , peraltro mai sfociate nel successo elettorale di politiche e partiti populisti , almeno fino ad oggi ( eccezion fatta per la Grecia , dove partiti politici decotti e corrosi ,più ancora che corrotti , sono stati sostituiti da una formazione che è ingeneroso assimilare ai populismi) .
Perché questa differenza di destini ,tra noi e gli altri? Perché la casa delle istituzioni nelle altre democrazie regge e sopporta scosse ed urti che sconquassano il nostro edificio istituzionale , mettendo a repentaglio – e oggi questa non è una frase fatta , un luogo comune , uno snobismo- la nostra stessa democrazia ? La causa non è soltanto nella disarmante mediocrità della nostra rappresentanza politica: quanto nelle ragioni di questa mediocrità, nei modi della sua selezione , quelli imposti dal potere dei partiti. Il paese , uscito da una guerra rovinosa , è rinato grazie alle energie collettive , ma è stato raccolto dalle sue macerie da una classe politica dotata prima di tutto e soprattutto da un solido senso dello stato. Ogni atto della politica , sotto qualsiasi latitudine , offre la scelta tra due possibili profili: uno nell’interesse del potere che decide , l’altro nell’interesse del paese ,dei suoi cittadini , del suo comune patrimonio , materiale , morale , sociale , culturale , e di qualsiasi altro tipo.
Quasi inutile ricercare , negli ultimi due decenni o poco più , gesti di governo ispirati dal senso dello stato , dall’interesse collettivo . Vengono in mente , senza alcuno spirito di parte , la ardimentosa manovra realizzata in una notte dal duo Amato Ciampi , demonizzata dai sopravvenuti , mediocri egoismi dei partiti ; la decisione di entrare nell’euro , seguita da analogo schiamazzo . Poco d’altro . Non un giudizio necessariamente di qualità politica , sempre opinabile : ma il pensiero rivolto ad un paese intero , e non a quanto succede all’indomani a se medesimi . Restando ad oggi ,e sempre senza alcuno spirito di parte , si possono scorgere barlumi di senso dello Stato nelle proposte politiche ,irrinunciabilmente alternative , di Stefano Parisi e Giuliano Pisapia , entrambe tendenti a ripristinare un bipolarismo scevro da sussulti populistici ed abiure postume .
Non esiste , nella memoria ,un momento di consultazione collettiva , o almeno plurale , tra governo ed opposizioni , o tra partiti avversari , riferito ad uno dei mille rovinosi guai di tutti i tipi che ci sono capitati negli anni . Meno che meno sulle regole della costituzione. Se si esclude il grottesco faccia a faccia , in streaming , tra i cinque stelle ed i segretari pro tempore dell’ancora unito partito democratico. O il cosiddetto ” patto del Nazzareno” , emblema dell’impotenza politica e della rimozione degli impegni assunti con gli elettori.
Ma tutti i partiti sanno che il paese sta correndo , per la loro inerzia incosciente ed indifferente ,verso una situazione di instabilità permanente , per capire la quale basterebbe soppesare le recenti parole del ministro delle finanze del governo tedesco. Della articolazione istituzionale dettata dalla costituzione e basata sulla distinzione di poteri, rimane una grande confusione di funzioni , dalla quale si stacca la figura di massima garanzia , il capo dello stato. La cui missione , riassunta nella difesa della costituzione , si è rivelata naturalmente orientabile ,e quindi flessibile. Più degenera la situazione , più se ne intravedono inediti margini di azione. Nella situazione attuale , e compatibilmente con il rigore del presidente in carica , laddove vi sia una lesione nelle relazioni istituzionali , e soprattutto tra potere politico e sovranità popolare , sono inibiti i soli interventi che intacchino l’obbligo della assoluta terzietà , e quindi siano rivolti ad uno o più partiti. Ma se il fine è il richiamo dell’intera comunità politica alle proprie responsabilità , anche attraverso il ripristino di un dialogo tra le parti , si aprono a nostro giudizio spiragli inesplorati .
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