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Africa e Università, un progetto per decolonizzare gli studi

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[Traduzione a cura di Marika Giacometti, dall’articolo originale di Jess Auerbach pubblicato su The Conversation.]

Non accade spesso di costruire una nuova Università partendo da zero: il luogo, lo staff e i percorsi di studio. Ma è proprio quello che stiamo facendo nelle Mauritius, in uno dei più recenti Istituti per l’istruzione superiore, l’African Leadership University [fondata dall’imprenditore ghanese Fred Swaniker, NdR]. Al centro del nostro lavoro c’è il concetto di decolonizzazione.

Sono membro della Facoltà di Scienze Sociali dell’African Leadership University. Tra i nostri compiti c’è quello di creare uno standard, conoscenza e una metodologia per acquisire il sapere. Questo sta accadendo nel contesto di un movimento di studenti sudafricani creato per decolonizzare le loro Università, delle proteste dei Black Lives Matter negli Stati Uniti e rifacendosi a una storia molto più profonda che mira a rivedere l’immagine dell’Africa, nell’Africa stessa e nel mondo intero.

Tenendo questo in mente, la nostra facoltà sta lavorando per ciò che consideriamo un percorso di studi decolonizzato sulle scienze sociali. Ci siamo assunti sette impegni per aiutarci a raggiungere quest’obiettivo. Impegni che speriamo ci aiutino a spostare il discorso sull’istruzione in una direzione più equa e rappresentativa.

I sette impegni

1: Entro il 2019 il materiale che assegneremo ai nostri studenti sarà gratuito

Come accade in molti Istituti per l’istruzione superiore, in Africa (e in molte parti del mondo), la biblioteca dell’African Leadership University (ALU) ha una dotazione limitata. Gli studenti quindi spesso devono trasgredire le leggi sul copyright e sulla privacy e scaricare il materiale illegalmente. Non vogliamo allenare i nostri studenti a violare la legge abitualmente. Né vogliamo che accettino un accesso di second’ordine a una conoscenza mercificata.

Il nostro obiettivo è che entro il 2019 tutto il materiale che assegneremo nel nostro programma sia gratuito. Ciò si raggiungerà costruendo relazioni con gli editori, gli scrittori e i leader dell’industria della cultura, e avviando collaborazioni per un equo accesso alla conoscenza. Così ci assicureremo che una nuova generazione di pensatori abbia tutti gli strumenti analitici di cui necessita.

In questo modo si andrà anche verso lo smantellamento della secolare esportazione della conoscenza dall’Africa verso il mondo, che è accaduta troppo spesso con pochissimi benefici per il continente stesso.

2: Le lingue oltre l’inglese

Gli studenti che leggono, scrivono e pensano in inglese si dimenticano spesso che la conoscenza viene prodotta, consumata e valutata in altre lingue.

Ci impegniamo a consegnare agli studenti almeno un testo non in inglese a settimana. Questo verrà riassunto e discusso in classe anche quando gli studenti non riescono a leggerlo da soli. Le nostre classi attuali comprendono studenti provenienti da 16 Paesi e che parlano 29 lingue. L’inglese è l’unica lingua che condividono. Esporre gli studenti a opere sulla cultura, la politica e il mondo reale scritte in lingue diverse dall’inglese significa ricordare loro costantemente quanto ancora non conoscono.

Nel corso degli studi gli studenti si aspettano anche di imparare le lingue provenienti dal continente africano: sia quelle che si sono originate durante il colonialismo (arabo, inglese, francese, portoghese) sia quelle indigene come l’isizulu, il wolof e l’amarico.

3: La proporzione degli scambi studenteschi è 1:1

Avere esperienze interculturali, soprattutto da studente universitario, è diventata un’esperienza importante che dimostra la disponibilità verso lavori e competenze sociali in ambiti “globalizzati”. Ma i ricercatori hanno dimostrato che questa globalizzazione è spesso disuguale. Solo le monete con un forte valore permettono agli studenti queste esperienze, quindi spesso chi ne beneficia proviene dall’Europa e dal Nord America.

Ciò ha delle implicazioni molto importanti nell’istruzione superiore, dove negli “scambi studenteschi” spesso si verifica una proporzione di 10:1. Dieci americani o norvegesi, per esempio, che esplorano le città sudafricane per un ghanese che visita la Tour Eiffel.

Nelle Scienze Sociali il corpo è lo strumento di ricerca e la mente è il laboratorio in cui si svolgono gli esperimenti. Ciò che vogliamo fare è sostenere il maggior numero di scambi possibili con gli istituti più importanti. Ma la nostra regola per gli scambi studenteschi è un rigido 1:1, ovvero uno studente dell’ALU va all’estero per ogni studente che ospitiamo nelle nostre classi.

4: Il testo non è sufficiente

La lunga storia intellettuale africana è stata solo recentemente registrata e trascritta nei testi. Se gli studenti fossero esposti solo a fonti scritte, la loro conoscenza sarebbe limitata soltanto al periodo coloniale e post-coloniale.

Per garantire una conoscenza più profonda e una consapevolezza più sensibile al contesto e al contenuto, ci siamo impegnati ad assegnare fonti storiche, culturali e religiose non testuali: si studiano manufatti, musica, pubblicità, architettura, cibo e altro. Ogni settimana gli studenti si impegnano ad analizzare in modo più approfondito almeno una di queste fonti presenti nel mondo circostante.

5: Non possiamo lavorare da soli

I sociologi si attribuiscono spesso il ruolo di decostruttori: sviscerare i concetti di potere, razza, capitalismo e consumo con una gloriosa presunzione. Io e i miei colleghi riconosciamo che non possiamo lavorare da soli e chiediamo ai nostri studenti di avere un ruolo centrale nel contribuire ai risultati.

Elaboriamo i nostri percorsi di studio in modo che i nostri studenti siano costretti a creare, ripetere, lavorare ricevendo un feedback, mettere in pratica il feedback, e valutarlo criticamente. Vogliamo che collaborino con quante più persone possibili, obbligandoli ad applicare il linguaggio e gli strumenti di analisi acquisiti durante lo studio alle loro implicazioni reali. Per esempio, recentemente gli studenti hanno lavorato con i nostri team legale, politico, e culturale per redigere la Dichiarazione sulla Diversità a cui la nostra Università tiene molto.

6: Produttori, non solo consumatori

Gli studenti che scelgono di venire all’Università portano con loro conoscenze ed esperienze eccezionali. Queste vengono spesso sviluppate e migliorate trascorrendo il tempo nell’ambiente multiculturale per eccellenza del campus e dei dormitori. In questo modo, fusioni, tensioni e condivisioni emergono più chiaramente rispetto ad altri luoghi.

Lavorando e vivendo in quest’ambiente è essenziale che gli studenti inizino a contribuire il prima possibile alle questioni che riguardano il continente africano. Potrebbero essere necessari anni prima di imparare a scrivere un articolo accademico pubblicabile, ma un op-ed, un podcast o un video su youtube non sono così difficili da realizzare. Ciò permette agli studenti di abituarsi alle loro voci che contribuiscono e prendono parte a un dialogo pubblico formativo in Africa e sull’Africa.

7: L’etica prima di tutto

Le scienze sociali riflettono e modellano il mondo. Il nostro programma si racchiude nel principio “non fare il male” e quindi in una spinta verso il bene.

Gli studenti imparano a pensare e ad agire secondo gli standard etici più elevati e a essere a proprio agio nel chiedere agli altri di lavorare con loro. Questo è essenziale per dar luogo a un mondo in cui l’Africa sia centrale – come è sempre stata nel capitalismo globale – e anche rispettata.

Collaborazione

Sono i primi giorni di lavoro alla ALU. Ci sono ancora molte cose da fare e ci vorrà tempo per costruire l’Istituto come insieme lo abbiamo immaginato. Questi sette impegni sono una base importante per le Scienze Sociali.

Vi invitiamo a lasciarci le vostre impressioni e i vostri contributi tramite il nostro blog, la nostra email o collaborazioni con i nostri studenti.

Jess Auerbach è membro della Facoltà di Scienze Sociali dell’African Leadership University

Da vociglobali


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