La tragedia venezuelana sta consumando i suoi protagonisti nella pressoché totale indifferenza del Vecchio Continente; poco o niente su Corriere, Repubblica e Messaggero, due brevi articoli sul Fatto Quotidiano, e quello che sorprende di più, anche El Paìs, di solito presente sui fatti sud-americani, si è defilato. La propaganda dei fronti contrapposti semina disinformazione a 360° con bufale e fake news; per cui sarà utile ricostruire i fatti recenti, dopo averli verificati con le poche fonti attendibili sul posto.
La conta macabra
Il 29 Marzo la Corte Suprema venezuelana revoca i poteri a l’Assemblea Nazionale, composta in larga maggioranza da l’opposizione, esautorando, di fatto, il Parlamento. Tre giorni dopo i giudici annullano la loro stessa decisione, ma ormai le manifestazioni bloccano il paese. La protesta monta anche per la scarsità di cibo nei supermercati, e l’assenza quasi totale di medicinali importanti nelle farmacie comunali. Inizia la repressione poliziesca.
Juan Borges, leader dell’Unità Nazionale, denuncia i giudici alla Corte Internazionale collegata con l’OAS (Organization American States, di cui il Venezuela fa parte) per violazione costituzionale. Borges denuncia anche la Commissione Elettorale per aver impedito il referendum sulle elezioni anticipate del Capo dello Stato, che aveva ottenuto il numero di firme necessarie.
In questo modo la scadenza del mandato presidenziale di Nicolas Maduro rimane fissata alla sua data naturale, 2019. Tranne che questi non si dimetta, ipotesi improbabile, o subisca impeachment come avvenuto in Brasile per Dilma Rousseff. Il 9 aprile i guarimbas (scontri armati) che già avevano mietuto decine di vittime nel 2014, riprendono, e un supporter governativo rimane ucciso.
Il 10 aprile la polizia spara: non solo lacrimogeni ad altezza d’uomo, ma anche proiettili veri. Un’anziana di 87 anni muore soffocata sulla terrazza di casa sua a Caracas, mentre uno studente a Valencia è trafitto da un proiettile al collo, che lo uccide all’istante. Il giorno successivo, esce sul Blog del Fatto un mio articolo che riporta tali eventi. Non leggo altre pubblicazioni a riguardo 35° post.webloc
Ansa Latina cita i nomi dei defunti, avvalorando le accuse alla polizia. Il 19 aprile altre 4 persone rimangono uccise durante scontri sempre più sanguinosi: un giovane di 19 anni viene freddato dalla polizia a Caracas, colpito da un candelotto in pieno volto, mentre un ragazzino di 17 anni è assassinato da milizie pro-governative in motocicletta, che l’attivista Niscemi della Ong Rights Reporter identifica come cubani e Hezbollah libanesi assoldati dal regime.
Una ragazza di 23 anni brutalmente uccisa a Tàchira in un’imboscata. Sull’altro fronte, un membro della Guardia Nazionale è linciato da anti-governativi. E’ per ora la giornata più cruenta in questa serie macabra; non si contano feriti e arresti. Le immagini mostrano pestaggi spietati sui manifestanti, e una disparità di armi impiegate, fionde e molotov dagli oppositori, contro fucili e gas lacrimogeni delle forze dell’ordine.
Il 26 Aprile, dopo le pressioni dell’OAS ai fini di far cessare le uccisioni, Maduro convoca il governo, e per bocca della ministra Esteri Delcy Rodriguez annuncia la decisione presa di uscirne, definendola “un covo d’imperialisti e di cospiratori ai danni del bolivarismo”. Cuba, che fu espulsa dall’organizzazione nel 1962, appoggia in pieno il regime venezuelano, mentre il presidente dell’Uruguay Tabare Vasquez è intento in una difficile opera di mediazione, coadiuvato dalla ministra argentina degli Affari Esteri Susana Malcorra. A complicare ancora di più le cose proprio con l’Argentina, si registra in queste ore un durissimo attacco della Rodriguez nei confronti del presidente Mauricio Macri, accusato di tramare ai fini della destituzione Maduro. La decisione venezuelana sembra ormai definitiva; il presidente ha quantificato in 24 mesi la durata del processo necessario all’uscita. Una sorta di Brexit sud-americana. Ieri un altro ragazzo dell’opposizione è stato ucciso dalla polizia.
Secondo Ansa e BBC, sono 32 finora le vittime, soprattutto manifestanti anti-governativi. Ricordo che il leader storico Henrique Capriles, sconfitto da Chavez nelle elezioni 2013, è stato interdetto per 15 anni dalla candidatura alle prossime elezioni…se mai si terranno.
Considerazioni finali
A supporto delle affermazioni riguardo stato d’emergenza del Paese, abbiamo ricevuto a febbraio, e pubblicato, la denuncia di fonti diplomatiche a Caracas sulla grave deficienza alimentare e medica, che ha portato alla morte della madre di un nostro connazionale. La quale non ha potuto ricevere un coagulante che le avrebbe salvato la vita. Il carico di medicine che sarebbe dovuto partire dall’Italia, è stato bloccato per via del rifiuto da parte del governo all’entrata in Venezuela. Paradossalmente, i cinesi, migliori alleati di Maduro per via delle enormi riserve petrolifere, vista la mala parata e la mediocrità del loro protetto, potrebbero mettere la parola fine al suo mandato, paventando la concorrenza americana che, nel caso subentrasse un governo liberista, come successo in Argentina e avvenendo in Brasile, avrebbe gioco facile a rimettere piede nel Paese. L’Ecuador da solo, per le ridotte dimensioni, non basta al fabbisogno di Pechino, e il Brasile è già fortemente a rischio. Sono solo ipotesi, ma non troppo azzardate in fin dei conti. Chàvez ha fatto degli errori, lasciando però una nazione ancora solida, anche se indebolita dal crollo dei prezzi del crudo.
La demagogia e la mancanza di spessore di Maduro, ha creato il disastro odierno. Sulla falsariga della Rousseff, che ha distrutto il lavoro di Lula, e consegnato il Brasile agli schieramenti politici peggiori.
Non è un caso, che siano proprio i beniamini del defunto leader, a essere schierati oggi contro il suo indegno successore. (produzione riservata)