Gabriele del Grande è libero. E’ già di ritorno verso l’Italia come ha confermato il padre questa mattina al telefono con Rainews24.
Grazie a tutti quelli che hanno contribuito alla sua liberazione. Ora non smettiamo di chiedere la liberazione dei tanti cronisti turchi ancora in carcere. Il 2 maggio saremo a Roma per ribadire il no dei giornalisti ai bavagli turchi.
” Oggi è un giorno di festa – scrive l’Usigrai in una nota. “Siamo tutti felicissimi per la liberazione di Gabriele Del Grande, detenuto ingiustamente in Turchia.
Un grazie va a tutti coloro che si sono adoperati per arrivare a questo risultato: gli indispensabili canali diplomatici, come le persone che hanno subito raccolto l’appello di Gabriele alla mobilitazione.
Vogliamo sottolineare inoltre lo straordinario lavoro fatto dalla Rai Servizio Pubblico che ha sempre tenuto un faro accesso su questa vicenda.
Ora l’appello è a non spegnere i riflettori sulla Turchia: da mesi denunciamo il bavaglio sempre più stretto che soffoca la libertà di stampa e che tuttora costringe in carcere decine di giornalisti.
Gabriele Del Grande era stato fermato il 9 aprile nella provincia sudorientale dell’Hatay, al confine con la Siria, dove si era recato per raccogliere materiale per un libro sui profughi siriani. Le autorità turche non avevano reso noti i motivi del provvedimento. Fonti diplomatiche avevano definito incerti i tempi del rimpatrio.
Il 18 aprile la prima telefonata alla famiglia: “Non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio telefono e le mie cose”, aveva detto, come era stato riferito sulla pagina Facebook del suo film ‘Io sto con la sposa’. “La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito ripetuti interrogatori a riguardo”, aveva proseguito, aggiungendo che avrebbe cominciato uno sciopero della fame.
Il 19 aprile il blogger aveva iniziato uno sciopero della sete e della fame per protestare contro la violazione dei suoi diritti civili.
Negli ultimi giorni il governo italiano aveva intensificato i contatti con le autorità turche per chiederne la liberazione.