Avendo saltato la puntata di Report sui vaccini contro il papilloma virus, mi sono ritrovata la mattina dopo con tutta la merda buttata addosso sull’intera categoria “giornalisti”. Che tanto chi voleva buttarla, l’avrebbe buttata comunque. E ho letto molto, ho letto quasi tutto. Sui giornali generalisti, sui blog scientifici, sui blog scientisti. Poi ho saltato qua e là sui social e ho ravanato tra gli hashtag di twitter.
HO ritrovato il solito cliché: giornalisti che criticano la puntata senza averla vista le sbagliano anche a citare il titolo dell’inchiesta; giornalisti che prendono fischi per fiaschi; giornalisti che gridano alla bufala e alle fake news. Giornalisti giustizialisti che aspettavano da una vita la scivolata del collega autorevole per sputtanarlo; baruffe politiche su chi deve chiudere prima Report; ex presidenti del consiglio sputtanati dalla precedente inchiesta sull’Unità che ora si affrettano ad esprimere solidarietà ai medici (ma quali medici, tutti? Pure quelli che pagano o prendono tangenti?). Poi sui social persone che si prendono virtualmente a cazzotti con offese reali (ma tanto si sarebbero presi comunque, perché così volevano, quei Napalm51 che altro non sono); lettori che confondono l’inchiesta sul cinema e su Benigni con quella sui vaccini; utenti che pensano che Benigni sia stato vittima di un vaccino avariato e così via, in un passaparola del telefono senza fili dove alla fine l’informazione diventa solo una Babele.
Ho letto anche che l’azienda pubblica Rai intende chiedere conto del “percorso” seguito da Report per realizzare l’inchiesta. Non ho ben capito che cosa questo comporti, ma spero che i colleghi si rifiutino di farsi fare le pagelline da chi non ne ha titolo.
Devo dire che in un primo momento mi sono spaventata. Io, che amo Report e Presa diretta e tutto ciò che è inchiesta e giornalismo rompicoglioni. E ho pensato: “Porca puttana, hanno preso un granchio”. Io sono sempre la prima a dubitare di quello che scrivo e verifico e riverifico e incrocio e re-incrocio le fonti. Dunque lo so, che può succedere: l’errore è sempre dietro l’angolo e temo l’errore subito dopo aver visto l’evidenza di una notizia. Che quando è tanto evidente, temo sempre di aver capito male (perché non può essere così evidente!) e ri-verifico di nuovo.
Poi l’ultimo pezzo che ho letto m’ha rassicurata: era quello di Wired. Che faceva le pulci sul perché e sul per come si debba fare un’inchiesta che parli di scoperte scientifiche. E allora ho tirato un sospirone di sollievo. La solita macchina messa in atto, perfetta, oleatissima: quando tocchi la Scienza, che pretende di avere un’aura di impunità che invece non le appartiene, sei morto.
Ci sono passata quando ho scritto “Xylella report”. Perfino i magistrati leccesi, quando hanno indagato gli scienziati su xylella, si son visti trascinare in una inesistente e mai ingaggiata battaglia scienza versus magistratura. Ma quando mai.
Se scrivi di ricerche scientifiche e metti in dubbio non la ricerca scientifica in sé (che pure può e deve essere sottoposta ad un giudizio), ma la gestione, i suoi effetti sulla salute, le peer rewiew di alcune pubblicazioni, la gestione dei finanziamenti, giornalisticamente cercano di farti fuori. Dicono che sei fuori, contro il progresso, contro la Scienza, cercano di farti fare la figura del mentecatto. Ovviamente gli argomenti sono gli stessi: “Siete dei poveracci che non potete comprendere la Scienza” oppure “Siete faziosi, avete fornito dati parziali, non avete sentito la ‘controparte”. Scienza-ricerca-soldi-potere-politica. Poi corruzione, tangenti, salute delle persone, scarso controllo da parte delle istituzioni. Un mix letale che è pericoloso toccare. E invece Report l’ha toccato e l’ha intaccato.
E l’ha intaccato in maniera pulita: dichiarando all’inizio dell’inchiesta che non era un servizio contro i vaccini e che anzi i vaccini sono la più grande scoperta scientifica degli ultimi 300 anni. Poi ha spiegato, prima di farla vedere, che l’inchiesta era sulle “reazioni avverse” ai vaccini, sulla gestione delle comunicazioni di tali reazioni alle istituzioni addette alla “farmaco-vigilanza”.
HO trovato il servizio di Alessandra Borella pulito (Grazie Rai Play!) , documentato e onesto, senza alcuna “tesi” oscurantista. Nessun tentativo di diffondere la paura dei vaccini, che, Sigfrido Ranucci lo h ribadito anche in chiusura, perché siano davvero efficaci, avrebbero bisogno di un vaccino prima di tutti, quello contro la corruzione e la mala gestione del bene pubblico. Una bella inchiesta, pensante, perché pesanti erano i fatti, verificati e messi in fila. E’ sempre questo che fa più male.
Più che la “scoperta” dei fatti, il “ricordo” di essi. In un paese senza memoria, ricordare è rivoluzionario. E Report ha ricordato che il signor Pasqualino Rossi, accusato di tangenti e poi prescritto, ex dirigente dell’Aifa, rappresenta l’Italia in Ue in tema di sicurezza alimentare, farmaci, salute veterinaria. E che la sua nomina è stata ratificata dalla ministra Lorenzin. Che non l’ha presa benissimo. Ma non è che Report non ne avesse già scritto eh!
E questo mettere ordine, come dice Calvino ne Le città invisibili, tra che cosa è inferno e che cosa non lo è, è precipuo del narratore. Mettere ordine nei fatti, significa narrarli. E narrarli, cioè tirarli fuori dall’oblio e farli diventare “memoria”, oggi, in questo nostro paese, è imperdonabile.