L’Europa ha tirato un sospiro di sollievo, ma solo per una sera: la Francia e’ chiamata adesso, da quasi tutti, a votare per Macron “contro” Le Pen. Ma di fatto ha già votato “contro” tutta la politica tradizionale. Lo scontro finale infatti sarà fra il candidato di un movimento che – finora – non aveva mai partecipato ad alcuna elezione e la leader di un partito – come si dice dall’altra parte delle Alpi – estraneo ai valori “repubblicani”. In Italia si sarebbe detto – in un’altra epoca – fuori dall’arco costituzionale.
Il Fronte Nazionale fa paura, oltre che per i valori, per le conseguenze di una sua vittoria sull’economia, come ha ricordato il candidato – sconfitto – del centro-destra Fillon. Che ha rivolto un appello al voto “utile” invitando i suoi elettori a guardare soprattutto al portafogli . Il socialista Hamon – ancora più esplicitamente – li ha richiamati a distinguere fra gli “avversari” ed i “nemici della Repubblica”.
A quasi cinquant’anni da quello del 1968 il destino di un paese dunque si gioca a maggio: mezzo secolo fa la rivolta dei giovani provocò – di fatto – la caduta di De Gaulle e un passaggio di testimone fra generazioni. Adesso sono un uomo di 39 anni ed una donna che non ne ha tanti di più a reclamare l’Eliseo. Sottolineando i fallimenti degli ultimi inquilini del Palazzo: tanto di destra (Sarkozy) che di sinistra (Hollande). Due uomini di partito, nel senso più autentico del termine, che conoscevano le sezioni come le loro tasche. Il “mercato” tradizionale della politica.
In Francia, potenza industriale ma anche grande paese agricolo, i mercati restano una grande tradizione: pure nei quartieri più snob di Parigi – la domenica mattina – si incontrano famiglie che escono a fare la spesa con il paniere. Ma nelle periferie si va soprattutto a fare compere nei centri commerciali: alla ricerca di prodotti più pratici e convenienti. Macron e Le Pen sembrano proporre una politica dello stesso tipo: preoccupata di offrire soluzioni piuttosto che ricette della nonna. Tanto buone quanto difficili da realizzare con i ritmi della vita di oggi.
Passare da meno di un quarto dei consensi – come hanno fatto loro – al 51 per cento richiede un’enorme capacità di convinzione: da qui al 7 maggio Macron e Le Pen saranno dunque continuamente alla ricerca di occasioni per far conoscere i loro argomenti. Per evidenziare le differenze fra le loro proposte politiche. Quella più importante sarà il faccia a faccia in TV, a reti unificate, che quindici anni fa invece Chirac negò a Le Pen padre.
Dunque la Francia sceglierà le risposte giuste per il suo futuro anche (e sopratutto) attraverso le domande dei suoi giornalisti. Dalla loro capacità di far conoscere meglio due candidati che – finora – sono stati piuttosto attenti a celare davvero le loro reali intenzioni. Preoccupati – come sono – di pescare a destra e sinistra. E di raccontarsi dunque in maniera accattivante: Le Pen come estranea al “sistema” (mentre invece mastica politica fin dall’infanzia) e Macron (ex banchiere d’affari, ex ministro, etc.) come estraneo all’elite. Quando i politici di professione ed i membri delle élite sono proprio i bersagli preferiti del voto di protesta.