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Giornalista inglese arrestato e torturato per settimane in Sudan

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Da buon giornalista investigativo, Phil Cox ha voluto recarsi nella regione sudanese del Darfur per approfondire le denunce di Amnesty International relative all’uso delle armi chimiche, nei primi otto mesi del 2016, contro la popolazione civile della remota zona del Jebel Marra. In quegli attacchi sarebbero state uccise oltre 200 persone.

Il governo del Sudan non concede visti ai giornalisti stranieri che vogliono andare in Darfur. Così, da Londra, a metà dello scorso dicembre Cox è arrivato in Ciad e da qui è entrato in Sudan, dove ha incontrato il suo “fixer”, il giornalista e autore darfuriano Daoud Hari.

La loro presenza è stata rapidamente intercettata, le loro attrezzature sono state sequestrate. E lì è cominciato l’incubo.

Cox e Hari sono stati arrestati dalle Forze rapide d’appoggio, una branca dell’esercito sudanese. Dopo aver trascorso sette giorni incatenati a un albero, sono stati portati ad El Fasher, la capitale del Darfur, e caricati su un aereo diretto verso la capitale Khartoum.

Durante il volo, il personale di sicurezza a bordo li ha più volte minacciati di aprire il portellone e gettarli nel vuoto.

A Khartoum, nelle celle della prigione di Khober, Cox e Hari sono stati sottoposti a pestaggi, torturati con la corrente elettrica, semi-asfissiati e minacciati di essere passati per le armi.

Hari è stato rilasciato a metà gennaio, Cox il 1° febbraio.  Per tutta la durata della detenzione, Cox è riuscito a tenere con sé una card con alcune delle immagini girate in Darfur.

Immagini che Channel 4 ha mandato in onda il 3 aprile e che trasmetterà ancora il 4 aprile, alle 19 ora di Londra.


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