Tanti i casi registrati in due anni. Difficili le relazioni fra media e sport. E la Commissione Antimafia indaga su infiltrazioni della malavita organizzata
Nel mondo del calcio il rapporto fra società sportive e giornalisti diventa sempre più difficile a causa di intimidazioni e aggressioni da parte delle tifoserie e di querele e vari ostacoli da parte delle società sportive. Tra marzo 2015 e dicembre 2016 Ossigeno ha registrato 43 minacce. Sedici di queste sono state aggressioni o minacce verbali e, fra esse, si registra l’episodio di un’auto incendiata mentre era parcheggiata in strada nei pressi della casa di un cronista. C’è il caso di no striscione intimidatorio esposto allo stadio. Nove sono state le querele e ben diciassette i casi di ostacolo all’informazione attraverso la negazione degli accrediti o il divieto di accesso alla sala stampa. E c’è la singolare vicenda del Benevento Calcio che ha chiesto soldi per concedere interviste.
Il mondo del calcio è, fra l’altro, sotto le lenti esaminatrici della Commissione Parlamentare Antimafia, che il 26 gennaio 2017 ha avviato l’indagine intitolata “mafia e sport”, affidata al IX Comitato della Commissione bicamerale, che riguarda in particolare il mondo del calcio e le infiltrazioni della malavita organizzata. L’indagine ha preso le mosse dall’inchiesta giudiziaria sulla Juventus, della quale anche Ossigeno ha riferito e che si sta allargando ad altre società importanti fra cui il Napoli.
Le intimidazioni e le aggressioni ai giornalisti provengono da parte delle tifoserie più oltranziste e colpiscono di frequente cronisti corretti ed equilibrati, non schierati a priori con la squadra di casa. Altre intimidazioni colpiscono i cronisti che denunciano le intemperanze dei tifosi e le irregolarità dei rapporti con le società.
Fioccano querele anche contro giornalisti che parlano di problemi finanziari e societari. La raffica di denunce più gravi, sette giornalisti a processo, è giunta per alcuni articoli sull’inchiesta Last Bet, relativa a presunte scommesse truccate. Una ritorsione sempre più frequente messa in atto dai club, grandi e piccoli, consiste nel lasciare i cronisti sgraditi fuori dalla tribuna o dalla sala stampa. In genere, sono colpiti da queste discriminazioni quei cronisti che, oltre ad occuparsi delle partite, scrivono articoli anche sugli assetti organizzativi, economici e finanziari delle società. Per chi segue lo sport per mestiere non poter assistere a un evento significa non poter fare il proprio lavoro. Il danno economico è evidente, soprattutto per i freelance, che sono la maggioranza.
In una recente intervista rilasciata a Ossigeno Luigi Ferrajolo, presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana (USSI), ha sottolineato come molte minacce giungono da tifosi violenti, “ma le più numerose – affermava – provengono da dirigenti delle società sportive, che ostacolano il lavoro dei cronisti a loro sgraditi, dei giornalisti che non cantano le lodi della loro squadra” e concludeva con un auspicio: “tutti dovrebbero impegnarsi di più per togliere dal calcio italiano il tanto veleno che c’è”.
GM