Gli ottant’anni che ci dividono dalla morte di Antonio Gramsci – avvenuta il 27 aprile 1937 dopo un’orribile prigionia durata ben 11 dei vent’anni, 4 mesi e 5 giorni di reclusione a cui fu condannato «per impedire al suo cervello di pensare», come disse il pubblico ministero Isgrò concludendo la sua requisitoria – meritano di essere ricordati non solo per il sacrificio umano a cui fu costretto l’uomo di soli 46 anni a cui dobbiamo non solo la nascita del Partito comunista italiano – uno dei più “anomali” nel panorama dell’Internazionale comunista di tutto il dopo guerra, sciolto a Rimini nel febbraio del 1991, poco dopo la caduta del Muro di Berlino e poco dopo, in Italia, prima dell’esplosione di “Mani Pulite” – ma anche l’elaborazione di un originalissimo pensiero nel campo della filosofia e della politica, al quale va un riconoscimento ormai diffuso in molti paesi del mondo, compresi quelli di lingua anglosassone poco “inclini” al marxismo ed ai derivati del marxismo a cui, invece, Gramsci fa indiscusso riferimento.
E meritano anche di essere ricordati per il generoso e consistente contributo dato da Gramsci alla nascita di un grande giornale, “l’Unità” – ancora in vita, per quanto smarrito e malandato, in edicola o diffuso porta a porta anche nella clandestinità dal lontano dal 12 febbraio 1924 – e all’elaborazione di un pensiero sul giornalismo affatto datato, meritevole ancor oggi di essere letto, studiato, seguito.
Per questo ho avuto l’onore di curare – per conto dell’associazione / casa editrice / rivista culturale on line TESSERE (www.tessere.org) – proprio in occasione dell’ottantesimo della morte di Gramsci, un volume (Antonio Gramsci, Il giornalismo, il giornalista, pp. 326, € 18, in formato e-Book € 5,99) contenente i suoi scritti tratti dai Quaderni dal carcere su questo tema e un’antologia di 67 dei più di 1.500 articoli che scrisse fra il 26 luglio 1910 su “L’Unione sarda”, a diciannove anni, e il 7 settembre 1926 su “l’Unità”, pochi giorni prima di essere arrestato, l’8 novembre dello stesso anno, quando – come ricorda Luciano Canfora nella prestigiosa e piena di spunti prefazione al volume – dichiarò orgogliosamente, durante un interrogatorio, la propria identità professionale di «pubblicista ed ex deputato al Parlamento».
Un lato di Gramsci, quello appunto del giornalista e del teorico dell’informazione, finora assai sottovalutato, che merita invece di avere maggior attenzione sia in sede accademica che nella formazione di chi ancor oggi sceglie questa professione, tanto da far affermare a Giorgio Frasca Polara, per quarant’anni anni firma di spicco de “l’Unità” nonché portavoce di Nilde Jotti durante la sua Presidenza della Camera ed autore della postfazione del volume pubblicato da TESSERE, che egli «avrebbe potuto insegnare, e bene, quel giornalismo serio, informato di cose serie, che oggi sta diventando una rarità non solo in Italia».
A questa lacuna ha tentato di ovviare la nostra associazione mirata a “tessere” sapere e relazioni, a fare cultura e diffonderla, accettando una sfida enorme in un’epoca di sovra-produzione di informazioni ed di omologazione culturale, pubblicando anche una biografia appassionata (Questo è un uomo, pp. 144, € 16, in formato e-Book € 5,99), scritta dal presidente di TESSERE, Daniele Pugliese, di un altro grande cardine della cultura italiana anche all’estero: Primo Levi, di cui ricorre quest’anno il trentennale della morte ed al quale dobbiamo una produzione libraria e l’elaborazione di un pensiero originalissima ed apprezzati in tutto il mondo.
È un aspetto del profilo di Gramsci senz’altro meno conosciuto quello riguardante il giornalismo, che nel volume pubblicato da TESSERE emerge anche dalle lettere, prima e dopo la carcerazioni, in cui tratta del tema “quotidiani”, “stampa” e giornalismo.
Sono state insomma riunite le riflessioni teoriche, quella che lui stesso chiamava «la praticaccia», gli «scritti alla giornata» ingiustamente destinati a «morire dopo la giornata», ma anche le più «intime» confessioni epistolari del fondatore de “l’Unità” riguardo al valore e al peso del giornalismo e, più in generale, dei media.
La selezione degli articoli è stata fatta tenendo conto del contesto storico di riferimento, dell’attualità dei temi trattati – non solo la politica, ma anche le droghe, il sesso, il costume, il cinema –, della loro presenza su varie testate periodiche – “L’Unione Sarda”, “l’Avanti” su cui teneva la rubrica “Sotto la Mole” e curava le recensioni teatrali anch’esse inglobate nei Quaderni, “Il Grido del Popolo”, “L’Ordine Nuovo”, “La Correspondance Internationale” e “l’Unità” –; e ad esse si è aggiunta appunta una panoramica dello sterminato epistolario, dove compare quella lettera alla cognata Tatiana dal carcere di Turi nel 1931, in cui, riferendosi ai suoi dieci anni di intensa attività giornalistica, dichiara di aver scritto «tante righe da poter costituire 15 0 20 volumi da 400 pagine». Perché questo si sentiva Gramsci: un giornalista, che fonda e dirige giornali, lo fa in maniera militante per comprendere (ed insegnare come si comprende) la realtà che ci circonda, attraverso un «giornalismo integrale» che soddisfi il bisogno dei lettori di apprendere le notizie e sappia suscitare interessi e bisogni, dando vita a nuovi interessi culturali.
Cultura, come scriveva nel “Il Grido del Popolo” del 29 gennaio 1916 che «è coscienza di sé e la conoscenza di se stessi si fa attraverso gli altri, così come la conoscenza degli altri si fa attraverso se stessi».
Sempre in una lettera a Tatiana Schucht nell’ottobre 1931, Gramsci scriveva: «Io non sono mai stato un giornalista professionista, che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale». Questa è la testimonianza dell’’indomito spirito con cui Antonio Gramsci, pensatore aperto e non dogmatico, si è dedicato al giornalismo, al quale TESSERE ha voluto dar visibilità, per fornire un un contributo non solo alla memoria di un pensatore fondamentale per comprendere il presente, ma anche uno strumento a chi vuole decifrare il mondo d’oggi leggendo i giornali, navigando su internet, o intraprendendo la carriera di giornalista.