A proposito dell’assenza dal tradizionale corteo indetto dall’Anpi per le celebrazioni del 25 Aprile, sono circolate in questi giorni notizie che con una frase diplomatica possono definirsi “prive di fondamento”. In linguaggio meno formale: false. Una di queste è stata ripresa persino da Sandro Portelli in un articolo, per altri versi apprezzabile e condivisibile, pubblicato su il manifesto del 21Aprile, lì dove qualifica, giustamente, <stupida e settaria la pretesa di impedire la presenza delle bandiere della Brigata Ebraica > al corteo del 25 Aprile, se non fosse che tale pretesa non esiste e non è mai esistita. Nessuno mai, né quest’anno, né l’anno scorso e nemmeno quello precedente ha mai avanzato una pretesa del genere. E neppure nel 2014, quando nacque, per usare le stesse parole di Portelli, la <straordinaria combinazione di stupidità, meschinità e arroganza> che sta <riuscendo a realizzare quello che non era riuscito a Berlusconi: cancellare il 25 aprile>.
Posso dirlo con assoluta certezza perché ho seguito da vicino quanto accaduto da allora in poi.
Il 25 aprile del 2014, innanzi alla stazione Colosseo della Metro, dallo spezzone del corteo nel quale vi erano Palestinesi e militanti delle associazioni schierate a favore della causa palestinese si levò un coro di contestazioni verbali per la presenza nel corteo della bandiera dello Stato Israeliano. In risposta alla contestazione, ripeto, meramente verbale, un gruppo di giovanotti bene addestrati si scagliò contro i dimostranti, provocando l’intervento della polizia che si interpose fra gli assaliti e gli assalitori, fronteggiando però i primi ed impedendo loro di proseguire assecondando la richiesta di un adiratissimo dr. Pacifici – all’epoca presidente della Comunità Ebraica Romana – che urlava: <questi non devono partecipare al corteo>. E’ nata così la leggenda, giunta sino ad oggi, costruita artatamente dalle solite note fonti, della pretesa dei Palestinesi e dell’associazionismo filo palestinese di volere estromettere dal corteo del 25 aprile la bandiera della Brigata Ebraica, che è simile ma non eguale a quella dello Stato Israeliano. Se una pretesa del genere ci fu (e c’è ancora) è di senso opposto: è quella di chi tentò (e ritenta ancora) di vietare la partecipazione al corteo dell’Anpi delle bandiere palestinesi. C’è insomma un totale rovesciamento delle posizioni e delle responsabilità.
Possono per altro testimoniarlo, se in buona fede, quanti erano presenti all’assemblea pubblica che l’Anpi di Roma, con l’intento di prevenire incidenti come quelli del 2014, convocò nel salone della Casa della Memoria in vista del 25 aprile del 2015. Vi parteciparono esponenti della Comunità Ebraica e della Brigata Ebraica, rappresentanti al massimo livello della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio e rappresentanti dell’intero arco delle associazioni che sostengono la causa della Liberazione del Popolo Palestinese. Tutti, senza alcuna esclusione, a partire dal Salameh Ashur, allora presidente delle Comunità Palestinese, attestammo considerazione e rispetto per la Comunità Ebraica e per la Brigata Ebraica auspicando la loro partecipazione al corteo con i loro vessilli, confermando la preclusione solo nei riguardi della bandiera dello Stato di Israele, esattamente per le ragioni per le quali Portelli nell’articolo citato invita i sostenitori della Brigata Ebraica a domandarsi <in che misura Israele oggi somiglia a ciò per cui lottavano i combattenti ebrei di allora>. In quella assemblea tutti condannammo l’antisemitismo e va detto che avemmo presto occasione di mantenere fede a quella professione, reagendo pubblicamente alle manifestazioni di antisemitismo di certi “Legionari di Cristo”.
Ma al termine dell’assemblea, sentite le conclusioni del presidente dell’Anpi che invitava ad una partecipazione unitaria al corteo del 25 Aprile, un rappresentante della Brigata Ebraica annunciò, nello stupore generale, e senza motivarla, l’assenza della sua formazione al corteo. Il giorno dopo la Comunità Ebraica annunciò anche la sua assenza.
Pure quest’anno, nell’assemblea convocata dall’Anpi in un’aula della Facoltà di Matematica a La Sapienza, è stato ripetuto l’auspicio che Comunità Ebraica e Brigata Ebraica partecipassero al corteo del prossimo 25 aprile. Nondimeno, dopo la conferenza stampa in cui il presidente dell’Anpi Fabrizio De Sanctis ha confermato l’invito ad una partecipazione unitaria, un comunicato ha annunciato l’assenza della Comunità Ebraica motivandola per la presenza al corteo dei Palestinesi, in quanto discendenti di quel gran Mufti di Gerusalemme che avrebbe avuto rapporti con il nazismo circa un secolo fa. O noi o loro, insomma: questa è la posizione della Comunità Ebraica non di quella Palestinese. Tant’è che nella trasmissione di Rai 3 “Tutta la città ne parla”, Yousef Salman, l’attuale presidente della Comunità Palstinese di Roma e del Lazio, appositamente interrogato al riguardo, non solo ha ribadito che nessuno ostacolo potrebbe esserci alla partecipazione della Brigata Ebraica e della Comunità Ebraica al corteo dell’Anpi, ma anzi ne ha auspicato fortemente la partecipazione aggiungendo di sentire gli ebrei propri fratelli e di sperare che palestinesi ed ebrei tornino a vivere insieme pacificamente come è stato per secoli.
Tuttavia la legenda metropolitana che siano i palestinesi e l’associazionismo filo palestinese ad opporsi alla presenza della Brigata e della Comunità ebraica continua a circolare. Ad essa se ne è anzi aggiunta un’altra: che la Comunità Ebraica non potrebbe partecipare alle celebrazioni del 25 Aprile perché, a differenza che a Milano, a Roma non c’è un servizio d’ordine del PD che la difenda. Come se in passato ci fossero state aggressioni ed ora vi siano minacce portate alla Comunità Ebraica da altri partecipanti al corteo.
I fatti dunque sono questi. Incontrovertibilmente questi.
Perché si cerca, ahimé non poche volte riuscendoci, di travisarli? Non si va lontano dalla verità affermando che la presenza delle bandiere palestinesi impedisce la partecipazione della Comunità Ebraica e della Brigata perché di per sé qualifica quello Palestinese come Popolo Resistente e lo Stato Israeliano come potenza occupante, che indebitamente occupa territori non suoi e ne opprime la popolazione. Attesta ciò che Portelli riconosce nell’articolo su il manifesto, e cioè che <razzismi, discriminazioni, violenze … oggi in Palestina, in Kurdistan, e magari in South Dakota continuano ad accadere>. Ed io aggiungo che continuano ad accadere anche in Italia ad esempio nei confronti delle Popolazioni Rom, Sinti e Caminanti, la cui bandiera proprio per questo sfilerà il 25 Aprile insieme a quelle degli altri Popoli Resistenti.
Da ultimo una domanda: ma la disinformazione, l’alterazione della realtà giovano alla causa della Pace e della Libertà dei Popoli?
*Nino Lisi. Della Rete Romana di solidarietà con il Popolo Palestinese