Viaggio tra gli “invisibili” che vivono nei vagoni abbandonati

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A Palermo vi trovano rifugio ogni notte 30 persone. C’è anche qualche donna e a volte pure delle famiglie. “Difficile uscire dalla nostra invisibilità perché non ci aiuta nessuno”. Maddalena Rotolo (LeAli): “Mancano progetti concreti di lavoro

 

“PALERMO – 30 persone in stato di grave emarginazione sociale vivono nei vagoni dei treni in disuso nell’ampia area della stazione di Palermo. Tra loro ci sono in gran parte uomini di età varia, italiani e stranieri, ma anche qualche donna e a volte perfino qualche famiglia. Accompagnati da T. – che nei vagoni abbandonati ci dorme da quasi due anni – percorriamo quella che loro chiamano ‘la via crucis’: un percorso a piedi, a tratti pericoloso, di due chilometri lungo le traversine di un binario morto che parte dalla stazione centrale. I vagoni si trovano in un’area molto ampia dove avviene la manutenzione dei treni. Di giorno, ci racconta T., nell’area non c’è nessuno perché sono tutti in giro per la città per cercare di colmare altri bisogni primari come quelli di provvedere all’igiene personale, ai vestiti e al cibo.

T. è un uomo di 42 anni, separato con un figlio di 20 anni che in passato faceva una vita regolare ma che oggi, dopo avere perso il lavoro, è finito in strada da oltre due anni. “Difficile uscire dalla nostra invisibilità perché non ci aiuta nessuno. Questa non è una vita da esseri umani – dice T. -. Questa condizione di vita non è certo una scelta perché è davvero tutto molto duro da affrontare ogni giorno. In tanti per disperazione capita che, per sopravvivere nei momenti di scoraggiamento, cercano di dimenticare i propri drammi nell’alcol. Io non lo faccio perché, anche se purtroppo non ho più una famiglia, mi sono rimasti i valori che mi hanno trasmesso. Capisco però quanto la solitudine e l’abbandono ti può fare lasciare andare fino alla depressione e addirittura alla follia. I custodi del luogo ormai ci conoscono e sanno che siamo persone bisognose ma tranquille. Non è facile vivere nei vagoni – continua – perchè in estate sono caldissimi e in inverno molto freddi. Tante sono le persone che ho visto passare”.

“Ho trovato tante porte chiuse e mi chiedo quali siano realmente coloro che vogliono aiutarci – dice ancora sfogandosi -. La speranza può essere data soltanto da un lavoro dignitoso e non certo da sussidi e assistenze che non ci danno nessun futuro. Prima del vagone avevo una piccola occupazione che mi permetteva di pagarmi almeno una stanza. Capita che facciamo dei lavoretti tutti in nero e naturalmente sfruttati ma non sono occupazioni che ci fanno uscire da questa situazione. Nei vagoni c’è tanta gente che si vuole salvare ma chi è disposto realmente ad aiutarci?”.

Anche D. parla, raccontando di essere stato in un istituto per l’infanzia abbandonata da 3 fino a 18 anni. Oggi che ha 45 anni è separato con figli e dice che da oltre 20 anni dorme nei vagoni abbandonati. “Sono stanco e oggi vorrei tanto cambiare la mia vita – racconta – ma non ci riesco. Ho avuto problemi con la giustizia ma sempre per necessità. Ho fatto anche qualche piccolo lavoro ma non tale da potere migliorare la mia condizione di vita”.

“Occorre rispondere a queste persone prima di tutto ascoltandole per capire come aiutarle. Inoltre le associazioni hanno bisogno di coordinarsi di più con i servizi sociali – afferma con forza Maddalena Rotolo volontaria dell’associazione LeAli -. Occorrerebbe, infatti, lavorare insieme per prevenire naturalmente che la lunga permanenza in strada faccia cadere certe persone in uno stato di disperazione tale da decidere poi di ‘lasciarsi morire’ senza accettare più gli aiuti. Occorrono assistenti sociali che dovrebbero, oltre a consultarci periodicamente di più, fare anche un maggiore lavoro di strada. Bisognerebbe snellire anche l’iter per la residenza virtuale e per il riconoscimento di tutti gli strumenti di aiuto reale”.”Dal 2014 ad oggi ho conosciuto tante persone che soffrono la loro invisibilità sociale. Anche quando si sono fatti degli errori nulla può giustificare che si lascino abbandonati e soli. Molte di loro finiscono in strada a seguito di separazioni, di perdita di lavoro e di piccoli problemi con la giustizia – continua Maddalena Rotolo che alcune volte alla settimana esce la notte con l’unità di strada per i senza dimora -. Per loro mancano progetti concreti di lavoro. Mi sento a volte impotente perchè aiutiamo e cerchiamo di confortare con cibo e vestiti ma certamente non basta. Ci vogliono progetti reali di aiuto anche per over 40 per farli uscire dalla strada: attività diurne oppure piccole cooperative sociali che diano concrete opportunità di lavoro. Ricordiamoci che di freddo, di caldo e di stenti si può morire in tutte le ore del giorno dell’anno. Aspettiamo ancora l’apertura di questo secondo dormitorio pubblico anche se sappiamo che non sarà la soluzione di tutti i problemi”.

“Viviamo di speranze aspettando un posto di lavoro e qualcuno che ci gratifichi – continua T. -. Prima vivevo e facevo una vita sociale ma adesso non ho più niente. Qualche errore l’ho fatto pure io ma non pensavo di finire in questo modo perché non ho mai fatto male a nessuno. Occorre che qualcuno cominci a valutare le strutture che ci possano dare una sistemazione più dignitosa possibile. Ho capito purtroppo che non sempre da parte di alcune realtà pubbliche e private il povero viene messo al centro ed aiutato realmente. Sono stato ritenuto a volte anche una persona scomoda perché ho sempre fatto notare le cose storte”. “Non credo che i dormitori possano risolvere il dramma che viviamo – sottolinea ancora T. – perché quello che manca sono i progetti di reinserimento sociale che possono partire soltanto da un lavoro. La persona va curata, accompagnata, presa per mano e nello stesso tempo occupata in attività che possano farci rialzare in tutti i sensi. Poi ci sono anche una serie di finti poveri su cui bisognerebbe fare un accurato accertamento. Mi chiedo come mai tanta gente pensionata viene aiutata a volte più di noi. Vedo con rammarico tanta ingiustizia sociale. Tra noi veri poveri ci aiutiamo a vicenda ma in città sono tanti coloro che ne approfittano da finti poveri cercando assistenze e tutto questo ci fa molto male”. (set)

Da redattoresociale


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