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Populismo e privilegi

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Bisogna imparare ad ascoltare il brontolio populista che viene dalla nostra pancia, anche se può essere fastidioso ed imbarazzante. E’ un brontolio fatto da tanti ingredienti, dall’invidia alla rabbia, ma anche dal senso di ingiustizia e fastidio nei confronti dei privilegi, veri o presunti, riservati alla “casta”. “Privilegio” è composto da “privus” e “lex”, cioè essere al di fuori della legge, e in questo paese di tanti vecchi e pochi giovani, che in un lontano futuro avranno una pensione piccola piccola, i vitalizzi della “casta”, che non esistono più dal 2012, ma continueranno a costare ancora per molti anni, vengono vissuti come un’offesa sociale. Non a caso, sui vitalizi c’è stata la solita guerriglia tra Pd e M5S. I vitalizi sono il boccone politico-mediatico prediletto dei 5stellati, mentre il Pd insegue con affanno, anche se -più concretamente- in questi anni ha trasformato i vitalizi dei parlamentari in pensioni con il sistema contributivo, come i comuni mortali, e recentemente ha fatto approvare un “contributo di solidarietà” che –meglio di niente- farà risparmiare 2,4 milioni di euro all’anno. Tutto molto ragionevole, ma lontano anni luce dalla forza propagandistica del M5S, che vorrebbe ricalcolare anche i vecchi vitalizi con il sistema contributivo, con un risparmio –dicono- di dieci volte tanto. Forse non hanno tutti i torti, anche se avere qualche ragione non può trasformare –come purtroppo è successo- dei deputati della Repubblica in un manipolo di squadristi. Il Pd, però, ha una comunicazione faticosa e si è dimenticato di spiegare perché ha promosso la proposta della senatrice Emilia Sereni, poi ampiamente insultata e minacciata dai 5stelle, invece di puntare sul progetto di un altro suo senatore, Matteo Richetti, che voleva introdurre “un sistema previdenziale identico a quello vigente per i lavoratori dipendenti”, in modo da “abolire definitivamente i trattamenti in essere basati ancora sull’iniquo sistema degli assegni vitalizi”, alla faccia dei famigerati “diritti acquisiti” di parlamentari e consiglieri regionali.

Non dimentichiamo che i soldi ai parlamentari, all’inizio del ‘900, furono una conquista socialista, per permettere ad operai e contadini di essere eletti deputati senza essere ricchi notabili che vivevano di rendita. Poi, nel corso dei decenni, le cose sono cambiate, e così, quando si legge che un ex parlamentare con 35 anni di anzianità si è “guadagnato” un assegno mensile di oltre 10.000 euro, la pancia populista brontola rumorosamente.

E non bisogna essere troppo populisti se –a proposito di giustizia- si fa fatica a digerire il “salvataggio” di Augusto Minzolini, condannato in via definitiva a due anni e sei mesi per peculato, dalla decadenza al Senato, alla faccia della legge Severino. Un manipolo di senatori del Pd, con ragionamenti raffinati e ipergarantisti, ha votato a favore del senatore forzista, ma così ha esposto –ancora una volta- il Pd non solo agli strali dei 5stelle, ma anche a un profondo disagio di una parte del proprio elettorato, che non capisce perché sia stato salvato Minzolini e condannato Berlusconi.
Vagamente populista è sembrata la proposta del buon Bersani, disposto a rivivere il massacro di un’altra diretta streaming con il M5S, dopo l’umiliazione del 2013, quando aveva “non vinto” le elezioni, ma questa volta, per sua fortuna, il M5S lo ha graziato ed ha rifiutato qualsiasi contatto.
Frammenti di populismo, paradossalmente, ci sono anche nella scelta del governo, terrorizzato dal referendum proposto dalla Cgil, di abolire i voucer, lasciando nel caos tante categorie prive di un sistema di pagamento -al di là degli abusi- semplice e utile a sostegno dei lavoratori più deboli, spesso condannati al lavoro nero.

Per combattere l’acido gastrico del populismo, che pretende soluzioni facili e veloci a problemi complessi, ci vorrebbe una dieta seria ed equilibrata. Invece –a quanto pare- si prepara una stagione fatta di eccessi, strepiti, proteste e promesse per racimolare qualche voto da investire nel sistema proporzionale, al quale sembriamo condannati.


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